Le milizie fondamentaliste a poche vittorie dalla presa del Paese, l'esodo di massa verso la Turchia e l'Europa
KABUL - Continuano ad avanzare i talebani e le forze di sicurezza afghane sono evidentemente in difficoltà. Questo però, stando ai recentemente ritiratisi Stati Uniti, è «un problema loro».
A sostenerlo, riporta il Guardian, è il Pentagono: «È il loro Paese, è la loro battaglia», ha confermato il portavoce John Kirby, «hanno un esercito, quelle in gioco sono le loro capitali, starà alla loro leadership affrontare questa sfida». Più o meno le stesse parole ribadite poche ore fa dallo stesso Joe Biden.
Gli Stati Uniti, così come il Regno Unito, hanno da pochi mesi ritirato la totalità delle loro truppe - anticipando il piano originale che voleva un ripiegamento a settembre - lasciando basi e regioni intere completamente sguarnite. La chiave per risolvere il conflitto civile, sostengono le autorità Usa che ribadiscono come un governo preso con la forza non verrà riconosciuto, è quella diplomatica per ottenere un cessate il fuoco.
I talebani - comandati dal figlio del Mullah Omar, Mohammad Yaqoob - però non sembrano proprio volerci sentire: da maggio a oggi hanno risollevato la testa conquistando diversi capoluoghi di provincia - l'ultima, proprio ieri è Farah - e posizioni strategiche a ridosso del confine con i Paesi vicini come Tajikistan e Pakistan. Spesso e volentieri con un forte sostegno da parte della popolazione civile. Al momento le milizie sostengono di controllare l'85% del territorio nazionale, stime meno parziali parlano del 65%.
Sull'altro fronte le forze armate di Kabul non sono mai sembrate davvero convinte nella loro opposizione, preferendo ripiegare o addirittura disertare, come successo questa domenica nella città settentrionale di Aibak presa dai miliziani. 300 soldati regolari, infatti, avrebbero deposto le armi, aggregandosi alle truppe talebane.
Se la strategia della Capitale sembrerebbe essere quella di difendere con le unghie e con i denti le Province centrali non è chiaro se questa via possa essere davvero perseguita a lungo, al momento che una buona maggioranza del Paese risulta in mano ai fondamentalisti. Per gli osservatori internazionali se collasso dev'essere, potrebbe arrivare relativamente a breve con la conquista di un'altra città chiave, Mazar I-Sharif. Di questa mattina, invece, la notizia della presa di uno snodo critico a 200 km a sud di Kabul, Pul-e-Khumri.
Intanto nelle città conquistate sono in atto azioni di persecuzione per gli ex-dipendenti governativi che non vogliono collaborare. Sono decine di migliaia (l'Onu stima 400'000) le persone a rischio ritorsione in fuga, anche oltre i confini nazionali. Vere e proprie carovane senza nient'altro che i vestiti addosso. La meta: l'Iran, la Turchia e l'Europa.
Di oggi, invece, la notizia delle manovre dell'esercito russo - con nuove armi e sistemi difensivi - nel deserto del Tajikistan a ridosso del confine con l'Afghanistan. Una manifestazione di forza, verosimilmente, dal carattere dissuasivo.