Anche in seno all'esercito, la paternità non viene riconosciuta. La deputata PS Roth: «Sono norme antiquate»
BERNA - Il congedo di paternità di due settimane? Non vale per i civilisti. Ne sa qualcosa K.A.*, che domani diventerà per la prima volta padre. Si tratta di uno studente di 27 anni che attualmente sta prestando servizio civile in seno a un'azienda di giardinaggio. E alla nascita della sua primogenita, potrà restare a casa soltanto alcuni giorni: «Mi è stato concesso un congedo di tre giorni, che dovrò comunque recuperare». Quando aveva iniziato il servizio civile, non sapeva ancora che sarebbe diventato presto padre.
E in effetti durante il servizio civile, il congedo di paternità non è previsto. E nemmeno per chi presta protezione civile o servizio militare (scuola reclute o corso di ripetizione). Una situazione incomprensibile, secondo K.A.: «Le prime settimane dopo il parto sono importantissime, sia per la madre che per il padre» afferma. Perlomeno durante il servizio civile si rientra al proprio domicilio ogni sera, in modo da poter trascorrere del tempo in famiglia. «Se potessi vedere mia figlia soltanto nel weekend, sarebbe estremamente negativo, anche per mia moglie». Secondo K.A., le norme non sono più al passo coi tempi. «Deve essere possibile conciliare il servizio civile con la vita familiare».
«Ci vuole un congedo parentale» - Di per sé l'attuale congedo di paternità conferma dei modelli obsoleti, afferma Stefan Manser-Egli, copresidente di Operazione Libero. E il fatto che in seno al servizio civile e a quello militare siano previsti soltanto pochi giorni di libero, dimostra che in questi ambiti la divisione classica dei ruoli è ancora radicata: l'uomo lavora, mentre la donna si prende cura dei figli. Pertanto Manser-Egli ritiene che il congedo di paternità debba essere sostituito da un congedo parentale, «che favorisce una ripartizione equa dei compiti tra i genitori, soprattutto nell'ambito del servizio militare e civile».
Norme «antiquate» - Le norme attuali non sono per niente “family friendly”, secondo la consigliera nazionale socialista Franziska Roth: «È risaputo quanto sia importante la presenza del padre durante i primi giorni dopo il parto per il legame con il bambino». Il fatto che il congedo di paternità sia generalmente negato a chi assolve il servizio civile o militare, o la protezione civile, è «all'antica». La deputata si chiede allora se questo sia nell'interesse della popolazione, che in larga maggioranza ha accettato il congedo di paternità.
Anche secondo la consigliera nazionale Irène Kälin (Verdi), il congedo di paternità dovrebbe valere in tutti gli ambiti. «L'attuale regolamentazione è discriminatoria e bisogna affidarsi alla buona volontà dei superiori» afferma, sottolineando che in ogni caso i dieci giorni previsti sono comunque pochi. «Non danneggiano il servizio civile, l'esercito e la protezione civile, così come non danneggiano qualsiasi datore di lavoro».
«Un'ingiustizia» - La vede diversamente il consigliere nazionale Martin Candinas (Centro): «Si va al servizio civile o militare soltanto per un tempo limitato» osserva, aggiungendo che si ha inoltre la possibilità di rimandare il servizio. «Il termine della gravidanza si può prevedere». E non solo: ogni persona attiva professionalmente, può usufruire del congedo di paternità successivamente, quando rientra al lavoro.
Rimandare il servizio civile o militare è l'opzione giusta anche secondo Werner Salzmann, consigliere nazionale UDC e colonnello dell'esercito. «Il servizio militare riguarda la prontezza operativa in caso di crisi. Il compito delle truppe non deve essere compromesso dalle esigenze individuali». È quindi ovvio, aggiunge il deputato, che le decisioni sui congedi personali spettano al comandante responsabile. Inoltre, Salzmann sottolinea che un congedo più lungo andrebbe a beneficio soltanto dei padri di famiglia, «sarebbe ingiusto nei confronti delle persone senza figli e dei single».
*Nome noto alla redazione