La fiducia dei cittadini è crollata con la seconda ondata. Lo dicono i sondaggi. Il commento del politologo Stojanovic
BELLINZONA - Troppi cambi di rotta. La mascherina prima «inutile» e poi obbligatoria. Il limite a cinema e teatri, messo e tolto nel giro di due giorni. Con il passare dei mesi e l'alternarsi delle misure anti-Covid i ticinesi si fidano sempre meno della politica.
Lo dice un'indagine pubblicata ieri dall'Ufficio di statistica: tra marzo e giugno la fiducia tra gli italofoni è calata dal 58 al 51 per cento, mentre tra i germanofoni è aumentata. Il dato «non va considerato tanto per lo scarto tra le regioni linguistiche» secondo Nenad Stojanovic, professore di Scienze politiche a Ginevra, ma è interessante «perché potrebbe rivelare una tendenza».
«Il campione considerato non permette di trarre conclusioni sulle diverse percezioni tra Ticino e Svizzera tedesca e romanda» precisa il politologo. «Semmai, conferma il fatto che nei mesi si è verificato un cambiamento nell'atteggiamento generale verso la politica».
Il calo di fiducia si è aggravato in particolare tra giugno e ottobre secondo un'altra ricerca, condotta dall'istituto Sotomo: in Ticino i fan "sfegatati" del consiglio federale sarebbero scesi dal 18 per cento a meno del 10 per cento nel corso dell'estate.
«Con la seconda ondata le autorità si sono rimangiate alcuni provvedimenti, si sono dimostrate incerte» sottolinea il politologo. «Questo ha portato a un netto calo di fiducia sia oltre Gottardo che in Ticino». In particolare «la decisione d'introdurre le mascherine, prima nei negozi, poi anche all'aperto, è in contraddizione con la politica adottata da Berna in primavera, un cambio di rotta che ha generato uno spaesamento».
Anche la black-list dei paesi a rischio - estesa durante l'estate, poi drasticamente accorciata - secondo Stojanovic «può avere destato perplessità». A Sud delle Alpi tuttavia «a pesare è soprattutto il comportamento del governo cantonale, che da sempre ha un impatto notevole sulla popolazione».
Il tira-e-molla sugli assembramenti non ha aiutato, probabilmente. E nemmeno l'impennata nei contagi. «A questo si deve aggiungere infine l'influsso della situazione italiana. I media italiani trasmettono in Ticino un'idea di sfiducia nelle istituzioni, molto più diffusa in Italia che in Svizzera». Gli esiti drammatici dell'emergenza Covid nella vicina Penisola per contro «potrebbero avere anche dato a molti ticinesi l'impressione che, in fondo, da noi la situazione è stata gestita meglio». In Svizzera, conclude il politologo, «non va dimenticato che la fiducia dei cittadini nelle autorità resta comunque ai livelli più alti a livello mondiale».