
Nuovo capitolo per la drammatica vicenda di Zelal e di suo fratello Yekta. E ora cosa succederà?
BELLINZONA - Lei è spigliata e col cuore in gola. Lui timido, quasi "paralizzato" dall'emozione, e anche un po' raffreddato. Sono le 8.30 di mercoledì 2 aprile. In Piazza della Foca, a Bellinzona, incontriamo Zelal e Yekta Pokerce, sorella e fratello di 20 e 19 anni, di origine turca.
Le firme – Per fare in modo che possano continuare la loro formazione in Ticino nelle scorse settimane sono state raccolte oltre 1'700 firme. E questo è il fatidico giorno della consegna alla Cancelleria di Stato. «Tutto questo calore umano ci solleva. Il cuore torna a battere», sospira Zelal.
«È già un segnale importante» – Basterà il calore umano per fare in modo che i due giovani non debbano lasciare la Svizzera come deciso dalle autorità federali lo scorso novembre? «Avere raccolto queste 1'700 firme è già un segno che questi due ragazzi sono davvero integrati qui – sostiene Immacolata Iglio Rezzonico, avvocatessa che segue il caso –. Non sono più in età di scuola dell'obbligo per cui la legge prevederebbe l'interruzione della loro formazione. Oggi chiediamo che Zelal possa continuare a seguire i corsi dello CSIA e Yekta a formarsi come elettricista».
Una famiglia in fuga – Zelal e Yekta sono scappati dalla Turchia nel 2020. «Lì il padre era perseguitato in quanto attivista per i diritti dei curdi», ricorda l'avvocatessa. Dopo l'approdo in Svizzera, e un lungo peregrinare, la famiglia Pokerce si stabilisce a Riazzino. «Con noi c'è anche la mamma – rammenta Zelal – e il nostro fratello più giovane. Ha undici anni e ha problemi di autismo».
La bocciatura "europea" – Negli ultimi giorni la famiglia turca ha dovuto incassare un brutto colpo. Vano è stato infatti il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. La conferma arriva da Iglio Rezzonico. «Ci ha risposto che nella procedura d'asilo non ci sono state violazioni dei diritti fondamentali. Di fatto significa che la famiglia non ha più diritto di stare in Svizzera».
Caso di rigore – L'avvocatessa tuttavia non demorde. «Abbiamo presentato all'Ufficio cantonale della migrazione un'istanza affinché quello di Zelal e di Yekta venga trattato come caso di rigore. Dopo un eventuale preavviso favorevole sarà poi la Segreteria della migrazione a doversi esprimere».
Il resto della famiglia – E che ne sarà dei genitori e del fratellino? «La scelta – riprende l'avvocatessa – l'abbiamo presa tutti insieme, con la famiglia. I genitori non hanno avuto la possibilità di integrarsi come Zelal e Yekta. Per loro bisognerà seguire un'altra via. Vedremo come fare. Il fratellino, essendo ancora molto giovane, dovrà comunque stare coi genitori».
Sentimenti contrastanti – Zelal ammette: «È normale che siamo amareggiati per il resto della nostra famiglia. I nostri genitori sono contenti per noi. Ma allo stesso tempo sono preoccupati per loro stessi. Non sappiamo cosa fare per loro. Speriamo in una soluzione».
«Concentriamoci su quanto è dimostrabile» – «Al momento – conclude l'avvocatessa – dobbiamo concentrarci su Zelal e Yekta. Per loro l'integrazione è un dato di fatto. È dimostrabile. Basti pensare a tutta la gente che si è mobilitata per fare in modo che possano continuare a formarsi».