Un giornalista del Wall Street Journal è stato arrestato in Russia con l'accusa di spionaggio. Mosca chiederà uno scambio di prigionieri?
MOSCA - «Sospettato di spionaggio per conto degli Stati Uniti», così il Servizio di sicurezza federale russo (FSB) ha giustificato in una nota l’arresto del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich. L'americano è accusato di aver raccolto informazioni sensibili sull’industria militare russa per conto di Washington.
Indagini sull'industria bellica russa - L'arresto è già diventato un caso internazionale. Sono molte le Ong che si sono già mobilitate per richiedere il rilascio del giornalista americano. L’International Press Institute (IPI) ha pubblicato un resoconto delle attività di Gershkovich spiegando che è sospettato dai servizi di sicurezza di «raccogliere informazioni segrete su una struttura dell'industria della difesa per conto del governo degli Stati Uniti». In caso di condanna il giornalista rischierebbe dai 10 ai 20 anni di carcere.
Giornalismo o spionaggio ? - «Il lavoro di Gershkovich non aveva nulla a che fare con il giornalismo», è intervenuta attraverso il suo canale Telegram la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova. «Purtroppo - aggiunge la portavoce - non è la prima volta che lo status di 'corrispondente straniero', il visto giornalistico e l'accreditamento vengono utilizzati da stranieri nel nostro paese per coprire attività che non sono giornalismo. Questo non è il primo noto occidentale ad essere 'pizzicato'».
Gershkovich stava lavorando a Ekaterinburg a un reportage sul reclutamento di cittadini locali nel Gruppo Wagner, i mercenari impiegati in Ucraina. Secondo Insider, un collettivo indipendente di giornalismo investigativo, Gershkovich era riuscito a intervistare alcuni residenti della città prima di tornare a Mosca.
Il Cremlino non ha alcun dubbio sulla sua colpevolezza: «Non si parla di sospetti, è stato colto in flagrante», ha dichiarato il portavoce Dmitry Peskov.
Wagner oppure uno scambio di prigionieri ? - Una fonte tra i giornalisti occidentali che lavorano nella capitale russa, citata dal quotidiano online Meduza, che oltre a visitare Ekaterinburg, Evan Gershkovich si è recato a Nizhny Tagil, dove ha sede l'impresa di difesa Uralvagonzavod, un grande complesso industriale della Federazione Russa. La scorsa notte il giornale americano aveva perso il contatto con il suo giornalista.
Gershkovich si trova a Mosca da sei anni, i suoi genitori vivono negli Usa ma sono originari dell'ex Unione Sovietica. L’ultimo contributo del giornalista americano è stato pubblicato il 28 marzo. Gershkovich analizzava il declino dell’economia russa e l'aumento delle spese militari. Il 32enne, che parla russo, è considerato una delle voci più attendibili da Mosca. Prima di essere assunto al Wall Street Journal aveva lavorato per l'agenzia Afp e per la testata russa in lingua inglese Moscow Times.
La reazione americana - Il Wall Street Journal nel frattempo si è detto «profondamente preoccupato» per la detenzione del suo giornalista, ha affermato il quotidiano americano in una dichiarazione pubblicata dall'agenzia russa Tass. In un comunicato, il giornale «respinge con veemenza le accuse dei servizi di sicurezza russi e chiede l'immediato rilascio di Evan Gershkovich, un giornalista affidabile e coscienzioso. Siamo solidali con Evan e la sua famiglia».
Secondo gli esperti il Cremlino potrebbe chiedere ora uno scambio di prigionieri con la Casa Bianca. Una prassi già vista in passato. Lo scorso dicembre era stata rilasciata la cestista americana Brittney Griner dopo un "soggiorno" forzato a Mosca e una condanna a nove anni per traffico di droga. Uno scambio che aveva portato alla liberazione del trafficante d'armi Viktor Bout, soprannominato "il mercante di morte" e detenuto negli States da 12 anni.
Udienza a porte chiuse - Il giornalista americano Evan Gershkovich è stato portato al tribunale del distretto di Lefortovo a Mosca, che dovrà decidere se e come prolungare lo stato di detenzione. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. L'udienza si svolge a porte chiuse. (fonte ats)