Dopo i difficili anni dell'amministrazione Trump, il presidente spera di normalizzare i rapporti con il gigante asiatico
WASHINGTON / PECHINO - Il presidente americano Joe Biden punta a individuare «aree di cooperazione» con il suo omologo cinese Xi Jinping quando domani pomeriggio i due leader si vedranno a Bali, alla vigilia del G20 in Indonesia, per il primo faccia a faccia in persona dall'insediamento alla Casa Bianca.
La speranza è di «uscire da questo incontro con aree in cui i due paesi, i due presidenti e i loro team possano lavorare in modo cooperativo su questioni sostanziali», ha anticipato il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, sempre più centrale nelle strategie diplomatiche degli Usa, a bordo dell'Air Force One diretto a Bali.
Pochi leader mondiali, se si esclude l'amico russo Vladimir Putin, hanno trascorso così tanto tempo con Xi come Biden. Quando quest'ultimo visitò la Cina ad agosto del 2011, i due, all'epoca vicepresidenti, ebbero cinque incontri in sei giorni: il legame instaurato allora resta ancora oggi tra i pochi segnali di speranza a cui aggrapparsi nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Biden e Xi hanno parlato finora cinque volte tra telefonate e collegamenti video, ma gli sforzi sono stati infruttuosi.
Dopo quattro anni difficili sotto la presidenza di Donald Trump, la Cina sperava che Biden avrebbe ridotto le turbolenze, ma i rapporti sono crollati al punto più basso dalla normalizzazione delle relazioni del 1979, alla base di una nuova era segnata dalla rivalità comune contro l'ex URSS.
Gli Stati Uniti sono preoccupati per l'assertività di Pechino su Taiwan e i mari cinese orientale e meridionale, l'arsenale nucleare in rapida crescita e il rifiuto di condannare l'invasione russa dell'Ucraina.
La Cina invece accusa Washington di incoraggiare le forze indipendentiste a Taipei (che vede come suo territorio inalienabile e da riunificare anche con la forza, se necessario) e di creare partnership e alleanze come «Quad+ e "Aukus» al solo fine di contrastare le nuove ambizioni dell'Impero di Mezzo, strozzando l'export di microchip e materiale tecnologico.
Biden ha annunciato che i leader delineeranno le loro "linee rosse" nell'incontro la cui durata è stimata alla vigilia in più ore. «Non c'è alternativa a questo tipo di comunicazione da leader a leader nella navigazione e nella gestione di una relazione così importante», ha notato ancora Sullivan.
I due si presentano all'appuntamento di Bali rafforzati sul fronte interno, ma anche con qualche problema. Il XX Congresso del Partito comunista ha incoronato Xi ad ottobre con l'inedito terzo mandato alla segreteria generale, ma l'economia è in grave difficoltà e la politica della tolleranza zero al Covid continua a bloccare il paese.
Da parte americana invece il voto di midterm è andato oltre le più rosee aspettative e Biden, pur alle prese con un'inflazione stellare, proprio oggi ha potuto festeggiare la conferma del controllo democratico del Senato.
La rivalità Usa-Cina in Asia e la guerra in Ucraina hanno intanto dominato il summit Asean in Cambogia, anticipando gli scenari del G20. Assente il leader russo Putin, il ministro degli esteri Serghei Lavrov ha accusato gli Stati Uniti di voler dominare l'Asia-Pacifico militarizzando la regione per contenere gli interessi di Mosca e Pechino, e ha denunciato il linguaggio «inaccettabile» sulla crisi in Ucraina che ha impedito decisioni collettive all'East Asia Summit, un forum Asean allargato. Parole che la delegazione americana guidata da Biden ha ascoltato senza abbandonare la sala.
Ai lavori dell'Asean, dove la Cina ha partecipato rappresentata dal premier uscente Li Keqiang, gli Usa sono stati eletti al ruolo di partner strategico globale della sigla delle dieci nazioni del Sudest asiatico, «al cuore della regione dell'Indo-Pacifico» che Biden vuole «libero e aperto, stabile e prospero, sicuro e resiliente»: la partnership, ha assicurato il capo della Casa Bianca, permetterà di affrontare «le grandi questioni del nostro tempo».
A Phnom Penh infine è emersa la questione della Corea del Nord. Usa, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito la deterrenza contro il leader Kim Jong-un in un comunicato congiunto alla fine del trilaterale minacciando il ricorso ad una "forza schiacciante" nel caso in cui Pyongyang utilizzi il nucleare dopo le decine di test di missili balistici effettuati.
I tre paesi sono «più allineati che mai», ha avvertito Biden, che già sabato aveva messo in guardia Pechino, sollecitando un intervento sull'imprevedibile alleato: le continue provocazioni di Pyongyang avranno altro effetto che far aumentare la presenza militare statunitense in Asia orientale.