Il tycoon in comizio a Waco: «Il 2024 è la battaglia finale. Rimettetemi alla Casa Bianca e l'America sarà di nuovo una nazione libera»
WACO - «Sarò il vostro guerriero, la vostra giustizia, rieleggetemi e sarete vendicati»: è un Donald Trump minaccioso e incendiario quello che apre la sua campagna presidenziale con un comizio a Waco, Texas, teatro 30 anni fa di un lungo assedio dell'Fbi contro una setta religiosa armata e anti governativa conclusosi con un incendio nel quale morirono 86 persone.
Il tycoon non vi ha fatto alcuna allusione diretta ma è apparso evidente il tentativo di accostarlo all'assedio giudiziario che lo incalza e di fondere il suo destino con quello della sua 'setta' Maga, anche se non ha evocato «la morte e la distruzione potenziali» che potrebbe scatenare una sua incriminazione, come aveva fatto sui social nei giorni scorsi.
«Non se la stanno prendendo con me, se la stanno prendendo con voi», ha tuonato all'aeroporto di Waco, dove è sceso dal suo Trump Force One e ha arringato una folla di migliaia di fan (non però i 15 mila attesi) che lo hanno accolto con ovazioni, cori 'Usa, Usa', t-shirt con slogan come 'Caccia alle streghe' e 'God, guns and Trump'. Lui ha ricambiato con la canzone 'Justice for All', dove recita il giuramento di lealtà al Paese (Pledge of Allegiance) mentre l'inno nazionale viene cantato da alcuni detenuti per l'assalto del Capitol, «patrioti condannati ingiustamente». L'ex presidente ha dedicato gran parte del suo comizio non a tracciare una visione per il suo secondo mandato ma a denunciare la «cospirazione democratica» per perseguitarlo con inchieste degne «dello spettacolo horror della Russia stalinista», che hanno trasformato l'America in una «Repubblica delle banane».
Nel mirino in particolare l'inchiesta di New York sul pagamento di 130 mila dollari in nero per comprare il silenzio della pornostar Stormy Daniels e non compromettere la campagna del 2016 con la rivelazione di un loro vecchio affair. «Il procuratore di New York, sotto gli auspici e la direzione del ministero dell'ingiustizia a Washington, indaga su di me per qualcosa che non è né un crimine né un misfatto, non c’è stato alcun affair con quella faccia da cavallo che non mi è mai piaciuta», ha attaccato alla vigilia della riunione del gran giurì che deve decidere sulla sua incriminazione. Ai reporter ha confidato che si aspetta un'archiviazione, mentre i repubblicani alla Camera cercano di fargli scudo sollecitando il procuratore di New York Alvin Bragg a collaborare con la loro richiesta di informazioni.
Il tycoon ha accusato il regime di Biden di aver trasformato la giustizia in un'arma e ha definito i procuratori delle inchieste che lo riguardano «maniaci della sinistra radicale». Quindi il solito disco contro «l'Fbi corrotto», il «deep state» che gli rema contro, le fake news, comunisti e marxisti, l'invasione degli immigrati al confine col Messico, le «elezioni rubate». E poi gli attacchi personali contro Hillary Clinton, Nancy Pelosi, il leder dei repubblicani Mitch McConnell, Hunter Biden e lo stesso Biden, entrambi accusati di aver preso soldi dalla Cina. Strali anche verso Ron DeSantis, considerato il suo principale rivale potenziale nelle presidenziali, accusato di essere «un ingrato» e di non avere tutti i meriti che vanta nel successo della Florida. «I nostri nemici cercano disperatamente di fermarci, ma siamo noi che dobbiamo fermarli. Il 2024 è la battaglia finale, sarà quella più importante. Rimettetemi alla Casa Bianca, il loro regno finirà e l'America sarà di nuovo una nazione libera», è stato il suo appello finale.