Un'analisi del Guardian ha rilevato che il fenomeno delle frodi ittiche è ancora molto diffuso in tutto il mondo.
A volte vengono venduti pesci di allevamento come se fossero selvatici, o addirittura in via d'estinzione, grazie all'etichettatura volutamente errata.
LONDRA - Quando al ristorante, nei negozi o in pescheria ci viene proposto un determinato tipo di pesce o frutti di mare, ci fidiamo che il prodotto corrisponda alla descrizione. E se ci assale qualche ulteriore dubbio possiamo sempre controllare l'etichetta, che riporta per filo e per segno tutte le informazioni relative alla tipologia del pesce e della pesca. Questo in teoria.
Un'analisi effettuata dal Guardian, che ha esaminato 44 studi recenti per un totale di 9'000 campioni di prodotti ittici provenienti da ristoranti, pescherie e supermercati di 30 diversi paesi ha rilevato infatti che il 36% dei prodotti presentava un'etichettatura errata.
L'analisi fa emergere un problema profondo del mercato, perché permette di commettere frodi su vasta scala passando inosservato nella maggior parte dei casi. I controlli non sono sufficienti per arginare il problema, data la quantità di prodotti ittici che viene scambiata ogni giorno. Ciò permette di ingannare facilmente il consumatore, proponendo pesce di qualità inferiore a prezzi più alti, o pesce d'allevamento come selvatico. Il Nord America e l'Europa sono le regioni che hanno registrato un tasso più alto di etichettatura errata, secondo gli studi. Al primo posto tra i paesi presi in considerazione figurano il Canada e il Regno Unito.
Esempi di frode - Ad esempio in alcuni casi i pesci vengono etichettati in modo errato con specie appartenenti alla stessa famiglia. In Germania ad esempio il 48% dei campioni testati si sono rilevati essere capesante giapponesi, e non capesante reali come indicato sulla confezione, ben più ambite.
Non solo: in alcuni casi sono stati trovati in vendita pesci in via di estinzione, protetti o a rischio, con l'etichetta errata. Uno studio del 2018 ha dimostrato che poco meno del 70% dei pesci venduti nel Regno Unito come dentici in realtà apparteneva ad un'altra specie, alcune delle quali protette.
Addirittura in alcuni casi, riporta sempre il Guardian, il pesce nemmeno c'era. A Singapore venivano vendute polpette di gamberi, ma dei gamberi non ce n'era l'ombra. È invece stata trovata carne di maiale.
Gli studi spesso hanno analizzato prodotti già "famosi" per essere oggetto di frode. Il dato pertanto è solo indicativo, ma serve comunque a lanciare l'allarme sul fenomeno.