di Lorenzo Quadri, Municipale e consigliere nazionale Lega dei Ticinesi
LUGANO - I contrari al Decreto di risanamento dei conti cantonali in votazione il 15 maggio hanno fatto proprio il detto popolare: “In temp da guera, püsee ball che tera”. Evidentemente non c’è bisogno di essere in Ucraina. Costoro diffondono fake news a getto continuo. Ad esempio, sulla presunta “macelleria sociale”, o sui costi che verrebbero riversati sui Comuni.
Parlare di “tagli” è senz’altro funzionale al populismo rosso, ma è una panzana. Approvando il Decreto si approva il contenimento dell’aumento della spesa cantonale: è una cosa ben diversa, e soprattutto necessaria. Le uscite del Cantone sono da tempo finite fuori controllo. Il totale del gettito fiscale delle persone fisiche non basta a coprire neppure le spese del personale di un’amministrazione pubblica sovradimensionata, e che viene costantemente pompata con nuovi compiti - e quindi nuovo personale, nuovi costi ed ulteriore burocrazia.
La realtà è semplice: non si possono inventare sempre nuove iniziative statali - magari anche interessanti, ma certamente non a costo zero - perché prima o poi i soldi finiscono e ci si schianta contro un muro. E allora bisogna rinunciare sia alle attività “nice to have” che a quelle indispensabili. Senza contenimento della spesa, sì che si rischia la “macelleria sociale”!
Il voto del 15 maggio darà un indirizzo politico. Se dalle urne uscisse un no, la sinistra si sentirebbe autorizzata a far esplodere la spesa compensando poi con aggravi fiscali (spendi e tassa). Si ricorda che il cosiddetto “piano di rilancio del Ticino” presentato dal PS nei mesi scorsi prevede un aumento delle uscite cantonali di addirittura 220 milioni di franchi all’anno (quasi un quarto di miliardo), da finanziare interamente con aggravi fiscali, soprattutto ai danni del ceto medio. Basti pensare che 100 milioni di franchi all’anno verrebbero estorti ai proprietari immobiliari, compresi quindi i padroni della propria casetta o appartamento, tramite taroccatura delle stime immobiliari.
Il 15 maggio dobbiamo dunque votare Sì al Decreto di risanamento, se non vogliamo poi venire spremuti come limoni bio a suon di aumenti d’imposta, tasse e balzelli. E tutto questo in periodo di grave crisi, in cui dovremo far fronte alle conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina, che si tradurranno in una pesante riduzione del potere d’acquisto dei cittadini.