Ferrari, non è sfortuna, sono errori
Se la Red Bull non rompe mai non è perché è fortunata.
SAN PAOLO - In Formula 1 non esiste la sfortuna. Lo diceva anche Enzo Ferrari: “La sfortuna non esiste, esiste solo l’incapacità dell’uomo di fare o prevedere”. E se un pilota può essere sfortunato quando i guai colpiscono soprattutto lui, non si può mai parlare di sfortuna in una squadra. Se si rompe qualcosa, anche solo uno di quei particolari da pochi euro, dietro c’è sempre una colpa. Leclerc fa bene a programmare un viaggio a Lourdes come ha detto dopo l’ennesima delusione stagionale. La sua carriera sta prendendo la piega di quella di Chris Amon, il più sfortunato degli sfortunati, un pilota velocissimo a cui non ne andava mai bene una tanto che i suoi colleghi dicevano “se Chris decidesse di investire i suoi guadagni in una compagnia di pompe funebri è la volta che non muore più nessuno”. Charles non è un ragazzo baciato dalla buona stella. Almeno finora, anche se in molti si reputavano fortunati solo per il fatto di essere piloti Ferrari. Per quest’assenza della buona stella spesso viene paragonato a Jean Alesi, che ebbe la cattiva sorte di capitare a Maranello in uno dei peggiori periodi degli ultimi 30 anni. Ma come per il periodo Alesi, anche oggi non si può parlare solo di sfortuna. A provocare certe rotture non è la sfortuna, ma un errore umano, un controllo mancato, un’eccessiva approssimazione in uno sport dove tutto è complicatissimo, ma per questo ogni particolare va controllato e ricontrollato migliaia di volte.
Se la Red Bull non rompe mai non è perché è fortunata, ma perché è stata più brava. Se la Ferrari non riesce a portare sulla linea di partenza prima Sainz e poi Leclerc per delle rotture improvvise non è sfortuna, è perché qualcuno ha sbagliato. E questi sono errori ancora più gravi di una macchina lenta, perché sottolineano una mancanza nella catena del controllo qualità, quella su cui ai suoi tempi era intervenuto personalmente anche Sergio Marchionne.
La storia Ferrari ci racconta di altri episodi simili. Nel 1996 a Michael Schumacher capitò due volte di fila. Prima in Canada non riuscì a scattare per un problema di pressione della benzina e fu costretto a partire dal fondo finendo con lo sbriciolare un semiasse, poi in Francia gli si ruppe il motore nel giro di ricognizione. Fu in quei giorni che qualcuno a Torino chiese la testa di Jean Todt. Montezemolo difese il suo team principal e qualche anno dopo la Ferrari divenne imbattibile. La squadra fu rinforzata andando a prendere i migliori tecnici in circolazione. Non fu rivoluzionata. Vedremo se corsi e ricorsi storici valgono anche per la Formula 1 e la Ferrari. Intanto Leclerc cominci con il prenotare una visita a Lourdes. Non si sa mai.