La seconda banca elvetica è di nuovo sotto i riflettori. L'inchiesta di una cinquantina di testate giornalistiche
Dittatori, funzionari e politici corrotti, dal Venezuela all'Ucraina passando per l'Egitto. L'istituto: «Si vuole screditare la banca e la piazza finanziaria elvetica. Le cose sono cambiate»
ZURIGO - Nuovi guai per Credit Suisse. La seconda banca elvetica non si è ancora ripresa dall'addio al presidente Antonio Horta-Osorio, "dimissionato" per infrazioni alle norme anti-Covid- E ora deve affrontare un grattacapo di portata internazionale.
Segreti svizzeri - Il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icji), a cui aderiscono una cinquantina di testate in diversi paesi, ha pubblicato domenica sera una serie di rivelazioni su clienti "scomodi" della banca. Narcotrafficanti, dittatori, funzionari di regimi corrotti: l'inchiesta è stata battezzata "Swiss Secrets" e il titolo di Credit Suisse traballa già in vista della riapertura delle borse domani mattina.
I clienti scomodi - L'inchiesta è basata su una fuga di informazioni interne alla banca, per un totale di circa 18mila documentri trasmessi da una talpa alla Süddeutsche Zeitung un anno fa. Tra i correntisti che scottano figurano Ronald Li Fook-shiu, defunto fondatore della borsa di Hong-Kong, arrestato per corruzione negli anni '90, il truffatore serbo Rodoljub Radulović, ma anche personaggi meno noti come un ex manager della Siemens arrestato nel 2008 per corruzione in Nigeria, un prestanome dell’ex dittatore dello Zimbabwe Robert Mugabe. C'è poi il caso di informatico svedese condannato nelle Filippine per traffico di esseri umani nel 2011. I conti di quest'ultimo secondo il Guardian - uno dei giornali che partecipano al consorzio - furono bloccati solo due anni e mezzo dopo la condanna all'ergastolo.
Politici milionari - Ma i nomi più grossi sono quelli del dittatore filippino Ferdinand Marcos, che assieme al suo entourage portò milioni in Svizzera negli anni '90 proprio tramite Credit Suisse, e l'ex presidente nigeriano Sani Abacha. Casi già noti a cui si aggiunge quello dell'ex primo ministro ucraino Pavlo Lazarenko, che aprì un conto da 8 milioni di franchi nel 1998 dopo esser stato costretto a dimettersi per accuse di corruzione nel paese d'origine.
Conti egiziani - All'inizio del nuovo millennio Credit Suisse avrebbe anche accettato come clienti Alaa e Gamal Mubarak, figli del dittatore egiziano Hosni Mubarak. I due fratelli sarebbero correntisti affezionati, e alla vigilia della Primavera araba un conto intestato ad Alaa conteneva oltre 232 milioni di franchi. Anche l'ex consigliere del dittatore Hussein Salem e l'uomo d'affari Isham Talaat Moustafa, legato al "raìs", avevano conti presso Credit Suisse. L'ex capo dei servizi segreti egiziani Omar Suleiman - processato per corruzione dopo la caduta della dittatura, al pari di Salem e Moustafa - era titolare di un conto contenente 63 milioni di franchi nel 2007.
A caccia di clienti - La banca, a quanto emerge dall'inchiesta, sarebbe particolarmente attiva nei paesi in via di sviluppo, dove per decenni avrebbe reclutato attivamente clienti tra i ranghi di regimi totalitari e in ambienti corrotti. Un altro esempio è quello del Venezuela: oltre una ventina di funzionari ed uomini d'affari legati alla compagnia petrolifera Petroleos de Venezuela e finiti nel mirino delle autorità statunitensi per reati di corruzione e riciclaggio.
La replica della banca - Credit Suisse ha diffuso in serata una presa di posizione in cui sottolinea che «la maggior parte dei conti correnti in questione sono già stati chiusi o erano oggetto di procedura di chiusura» prima dell'inizio dell'inchiesta giornalistica. «Queste presunte rivelazioni - si legge - ci sembrano uno sforzo concertato di screditare la banca e la piazza finanziaria svizzera, che negli ultimi anni ha intrapreso significativi cambiamenti».
«I fatti presentati sono prevalentemente storici, in alcuni casi risalenti addirittura agli anni ‘40, e i resoconti sono basati su informazioni parziali, imprecise o selettive estrapolate dal contesto» ha replicato la banca. «Possiamo confermare che le azioni sono state intraprese in linea con le politiche e i requisiti normativi applicabili ai tempi in questione, e che le relative questioni sono già state affrontate».