Gli esperti lanciano l'allarme sui rischi di un'eccessiva esposizione ai dispositivi digitali: in gioco concentrazione e produttività.
ZURIGO - Adolescenti incollati sullo schermo, adulti che non possono vivere senza gli smartphone e ragazzini di cinque o sei anni immersi giorno e notte in una realtà virtuale. Ma quanto è nocivo un utilizzo così ossessionato dei nostri dispositivi digitali? Molto secondo Tomas Chamorro, psicologo del lavoro contattato dalla Nzz.
La capacità di concentrazione a rischio - Una presenza costante nelle nostre vita che ha gravi conseguenze. «A causa della costante distrazione, perdiamo la capacità di concentrarci su una cosa per un lungo periodo di tempo», ha spiegato Chamorro. Una complicazione che influisce anche sul lavoro. «Nei sondaggi, il 70% dei dipendenti afferma di essere distratto dai propri smartphone. Le persone vengono costantemente sbalzate fuori dalle proprie attività dallo schermo che si illumina per una notifica. Distrazioni che riducono le nostre capacità mentali di dieci punti QI. Dal 60 all’85% dell’utilizzo dello smartphone avviene durante l’orario di lavoro».
Oltre all’impatto che queste distrazioni sembrano avere sul nostro QI, anche la produttività rischia di venire compromessa. «Da quando il primo iPhone è arrivato sul mercato nel 2007 e le piattaforme di social media sono decollate, abbiamo notato che l’evoluzione della produttività si è fermata. Oggi trascorriamo 21 anni della nostra vita davanti allo schermo e 7,5 anni sui social media. Questo non va bene per la produttività».
Perché siamo meno efficienti - Chamorro purtroppo non dispone ancora della formula magica per oltrepassare questi ostacoli e permettere un uso appropriato (e non nocivo) degli smartphone. «Forse vogliamo vivere così. L’anti-tecnologia non è la risposta». Un maggiore autocontrollo e la ricerca attiva di attività interessanti nel mondo reale invece potrebbero rivelarsi essenziali.
Spesso si associa la dipendenza dagli smartphone con le nuove generazioni. Un rapporto che Chamorro tende a rifiutare. «Non sappiamo se sia una questione generazionale o una questione di età. Quelli che oggi hanno 60 anni non avevano Tiktok quando avevano 15 anni. Al momento la Generazione Z sembra essere più distratta. Tuttavia, ci sono grandi differenze all’interno di ogni generazione. Una nonna può essere dipendente da Internet, una ventenne può averla ben sotto controllo».
Ma quindi, come disintossicarsi? «Bisogna sviluppare la consapevolezza di sé stessi ed rispettare una ferrea autodisciplina. Per esempio pianificare consapevolmente i tempi offline che utilizzo come “finestra di riflessione”».