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SVIZZERA/NAMIBIA«Avvelenati e resi impotenti dall'arsenico della multinazionale svizzera»

09.12.24 - 21:31
La ginevrina IXM sarebbe responsabile della più grande discarica di arsenico del mondo, in Namibia. La denuncia della popolazione e dell'Ong
Coalizione per multinazionali responsabili
«Avvelenati e resi impotenti dall'arsenico della multinazionale svizzera»
La ginevrina IXM sarebbe responsabile della più grande discarica di arsenico del mondo, in Namibia. La denuncia della popolazione e dell'Ong

GINEVRA/NAMIBIA - La Svizzera è generalmente considerata un Paese con una quantità di risorse naturali non così importante. Eppure, proprio sul suolo elvetico, hanno sede alcune delle più grandi multinazionali di materie prime al mondo.

Aziende queste che negli anni, riportano diversi consorzi di investigazione indipendente, si sono distinte per approcci tutt'altro che encomiabili, fra corruzione e casi di violazione dei diritti umani.

Coalizione per multinazionali responsabiliOperai al lavoro nella megadiscarica di Tsumeb che si stima ospiti 300mila tonnellate di arsenico.

Stando alla Coalizione per multinazionali responsabili la ginevrina IXM sarebbe responsabile dell'avvelenamento di massa di un'intera regione con la realizzazione di quella che - reputa la Ong - potrebbe essere «la più grande discarica di arsenico al mondo» e che ospita 300'000 tonnellate di sostanza velenosa.

Questa, sarebbe stata realizzata proprio sopra a un'importante falda freatica con conseguenze nefaste per tantissime persone.

La sostanza, scarto di lavorazione del rame, è frutto del decennale lavoro di una fonderia nei pressi della cittadina di Tsumeb. La Coalizione ha parlato non solo con i dipendenti (presenti e passati) della struttura ma anche con i residenti.

Questi hanno riferito di casi diffusi di eruzioni cutanee su tutto il corpo con pustole che esplodono e sanguinano e anche di cecità, temporanea e permanente. Sintomi questi, da avvelenamento da arsenico.

Coalizione per multinazionali responsabiliAlcuni attivisti per la salute della regione, Lisken Claasen (a destra) ha condotto una manifestazione proprio davanti alla fonderia.

«Qui siamo tutti avvelenati», racconta l'attivista locale Lisken Claasen, «siamo seriamente preoccupati per la nostra salute, i nostri uomini stanno diventando impotenti, in molti soffrono di diabete o pressione alta, ci sono tanti aborti spontanei e neonati con disabilità. Devono almeno garantirci cure gratuite», chiosa.

L'Ong ha fatto analizzare campioni di capelli, suolo e piante della località all'Università di Berna. «I valori sono allarmanti e dimostrano che la popolazione di Tsumeb è massicciamente esposta all'arsenico», spiega Adrien Mestrot, professore di Scienza del suolo all'Università di Berna.

A gestire l'impianto, per conto dell'azienda svizzera, è un'azienda canadese la Dundee Precious Metal (DPM) che dopo 14 anni di attività è in procinto di venderla - o visto le cifre in ballo si può piuttosto parlare di svendita - a nuovi proprietari cinesi.

Questi, infatti, si aggiudicherebbero la struttura (compresa discarica) per 17 milioni a fronte di un investimento iniziale canadese di quasi mezzo miliardo. In cambio di questo "maxi sconto" i nuovi gestori si assumeranno ogni possibile responsabilità legale.

Coalizione per multinazionali responsabiliLa discarica di arsenico, vista dal cielo.

I potenziali rischi legati all'arsenico non sono affatto una novità: già nel 2011 uno studio co-finanziato dal governo della Namibia aveva dimostrato che circa una persona su sei della popolazione della regione aveva livelli di arsenico superiori al limite fissato dall'OMS.

Tuttavia, questi risultati non sono mai stati pubblicati: «Non ci è stato permesso», commenta uno dei ricercatori coinvolti sentito dalla Ong e che ha preferito rimanere anonimo.

Dal canto loro le aziende non hanno fatto nulla per tutelare la popolazione. Stando alla Coalizione, sia la canadese DPM sia la svizzera IXM, hanno «approfittato delle carenze normative della Namibia e hanno ritenuto "accettabilI" i possibili rischi per le persone».

DPM, sentita da 20 Minuten, nega le accuse citando i dati delle proprie misurazioni che però non sono pubblici. IXM, invece, ha preferito declinare la richiesta di commento.

Dominique de Buman, ex membro del Consiglio nazionale del Centro e membro del consiglio di amministrazione della Coalizione per multinazionali responsabili, ha dichiarato a 20 Minuten: «È preoccupante sapere che le aziende coinvolte sapessero da anni che gli scarti dell'impianto di fusione nuocevano alla salute tanto dei lavoratori quanto della popolazione».



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