La loro concentrazione, in linea con il lago Maggiore, è doppia rispetto alla media svizzera. Lo rivela lo studio promosso dal Dipartimento del territorio
BELLINZONA / LUGANO - Le microplastiche sono presenti anche nel Ceresio. Lo confermano i risultati dello studio promosso lo scorso anno dal Dipartimento del territorio (DT), presentati oggi in una conferenza stampa a Palazzo delle Orsoline.
La loro concentrazione è risultata essere pari al doppio rispetto alla media rilevata nelle acque elvetiche. Un dato che pone il bacino luganese (213'500 particelle per km quadrato) in linea con il Lago Maggiore e il Lemano (220'000 particelle per km quadrato in entrambi i casi).
Da dove arrivano? - La loro origine può essere suddivisa in «origine primaria e secondaria», ha spiegato il Capo dell’Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo del DT Nicola Solcà. Con origine primaria si intendono gli oggetti prodotti intenzionalmente in dimensioni minuscole, ad esempio le componenti abrasive presenti in alcuni saponi. Le microplastiche secondarie derivano invece dalla degradazione delle plastiche, che si frammentano nel corso del tempo.
La loro tipologia, precisa lo studio, rispetta le attese. «Sono predominanti i frammenti, prodotti dalla degradazione di oggetti più grandi, con un importante contributo dalla categoria dei film, impiegati tipicamente negli imballaggi».
«Un tema nuovo» - Quali siano invece le effettive conseguenze della presenza di questi materiali negli ambienti di acqua dolce è ancora difficile dirlo. Gli studi in tal senso sono ancora pochi. «È un tema nuovo», ha infatti ribadito il direttore del DT per evitare che dai risultati potesse passare «un messaggio eccessivamente negativo».
Il problema, sebbene si parli di «rischi contenuti», è di natura complessa. Volendo andare ancora più a fondo, oltre alle microplastiche (particelle inferiori ai 5 millimetri) esiste anche la questione delle cosiddette nanoplastiche, come ricordato dal Dr. de Alencastro (già Direttore del Central Environmental Laboratory della Scuola politecnica federale di Losanna), ovvero particelle di misura inferiore a 0,1 micrometri.
Monitoraggio e sensibilizzazione - Le cause quindi sono molteplici e il problema «non si potrà quindi risolvere solo potenziando gli impianti di depurazione», ha precisato Zali spiegando inoltre come al momento non vi sia ancora un quadro legislativo di riferimento.
Prossimamente, il DT proseguirà con le attività di monitoraggio, e nel contempo avvierà una campagna di sensibilizzazione sul tema rivolta alla popolazione.