Bellinzona, Chiasso, Tesserete e Biasca hanno informato il Consiglio di Stato. La situazione è troppo rischiosa
Gobbi: «Gli organizzatori hanno dimostrato un grande senso di responsabilità».
BELLINZONA - Niente assembramenti in maschera. In Ticino salta anche il carnevale causa coronavirus. Bellinzona, Chiasso, Tesserete e Biasca hanno deciso di non prevedere la prossima edizione, come anticipato da la Regione.
La comunicazione ufficiale arriverà a inizio settembre, quando il Cantone si allineerà alle direttive di Berna sulle manifestazioni. Ma oggi i presidenti dei principali carnevali ticinesi hanno informato il presidente del Consiglio di Stato, Norman Gobbi, sulla loro intenzione di annullare tutto.
«Allo stato attuale è molto difficile che si potrà fare - ha spiegato Flavio Petraglio, presidente della società Rabadan -, non ci aspettiamo che le misure ci permetteranno di organizzarlo come abbiamo sempre fatto. Pensiamoci bene, facciamo molta attenzione e ponderiamo bene i rischi». Per Chiasso «l’annullamento non è un problema». Nebiopoli «ha accumulato un fondo cassa» che dovrebbe permettergli di far fronte ai costi fissi, ha spiegato il suo presidente Alessandro Gazzani.
Se è vero che all’inizio dei carnevali manca ancora un po’ di tempo, l’organizzazione e la preparazione hanno luogo durante l’estate. «Bisogna essere realisti - sottolinea Livio Mazzuchelli, presidente del Or Penagin di Tesserete -. Sarebbe impossibile tenere le manifestazioni rispettando tutte le norme». Biasca intende evitare l’incubo vissuto nel 2020 e fermarsi ora. «Pensare di mettere in moto la macchina organizzativa e poi rischiare di vanificare tutto all'ultimo momento non sarebbe sostenibile per il secondo anno di fila», aggiunge il presidente di Naregna Gabriele Cirio.
E Roveredo seguirà (probabilmente) a ruota, dopo aver però discusso con il Governo grigionese e il Comune.
A Palazzo delle Orsoline lo stop ai carnevali è stato recepito come «un grande gesto di responsabilità». Gobbi si dice dispiaciuto «perché i carnevali sono parte della nostra cultura e della nostra identità», ma ritiene sia «una grande rinuncia» però «responsabile».