Unia dice no al blocco delle autorizzazioni per le agenzie di sicurezza
L'avvertimento del sindacato: «A pagarne il prezzo sarebbero sia i frontalieri, sia i residenti, sia le aziende».
LUGANO - Il 16 settembre scorso il Servizio armi, esplosivi e sicurezza privata del Dipartimento delle Istituzioni (DI) ha comunicato con una lettera alle agenzie di sicurezza del cantone che «fino a nuovo avviso non verranno rilasciate o rinnovate» autorizzazioni ai sensi della Legge sulle attività private d’investigazione e sorveglianza (LAPIS) a lavoratori frontalieri o residenti in Ticino da meno di 5 anni.
Per Unia, qualora fosse confermata, sarebbe una decisione «incomprensibile e grave che mette a rischio decine di posti di lavoro in Ticino».
Il sindacato ne chiede pertanto l’immediato ritiro: «Le ragioni addotte - si legge in una nota - non trovano conferme e fanno pensare che si tratti di un’ennesima decisione politica del capo del dipartimento Norman Gobbi».
La lettera - Nella lettera si fa riferimento ad una presunta mancanza delle «Autorità italiane», che non fornirebbero «più le informazioni di polizia necessarie per stabilire se i richiedenti sono in possesso di tutti i requisiti» di legge. «Considerato che per le richieste di lavoratori indigeni vengono effettuati accertamenti approfonditi, l’assenza di tali informazioni riguardanti personale straniero, si traduce in una chiara disparità di trattamento e pertanto non ci consente di poter rilasciare le relative autorizzazioni», scrive il Servizio del DI.
Dalle informazioni raccolte dal sindacato, tuttavia, non sembra vi sia stato alcun cambiamento di procedura da parte italiana. «Anzi - sottolinea Unia -, a richiesta diretta di diversi lavoratori ai quali non è stata o non sarà rinnovata l’autorizzazione, le autorità competenti hanno segnalato di non aver ricevuto alcuna richiesta o sollecito da parte svizzera».
«Uso strumentale della legge» - Di qui il sospetto che, «ancora una volta, ci troviamo di fronte ad uso strumentale della legge per scelte politiche della direzione del DI». Una problematica, questa, nota e già denunciata dal sindacato in un recente presidio organizzato in occasione dell’ultima seduta del Gran Consiglio.
Ad imporsi, secondo Unia, è la concezione di uno Stato e di una Giustizia «deboli con i forti e forti con i deboli: sempre pronti a bastonare il lavoratore, meglio se a statuto precario e che non sia parte “dei nostri”, ma clementi e protettivi con padroni e amministratori irrispettosi della legge».
«Conseguenze gravissime» - Le conseguenze della suddetta decisione, per il sindacato, rischiano di essere gravissime: «Decine di lavoratori, anche con diversi anni di esperienza riconosciuta dall’azienda, perderebbero il posto. A pagarne il prezzo sarebbero sia i frontalieri, sia i residenti, sia le aziende che si vedrebbero sfumare mandati per carenza di personale formato».
Il Sindacato Unia chiede pertanto il che la decisione comunicata il 16 settembre scorso alle agenzie di sicurezza del cantone sia ritirata e che si riprenda a valutare le domande di autorizzazioni LAPIS «nel rispetto della legislazione in vigore e delle procedure consolidate negli anni. E nel rispetto della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori!».