Parla il professor Giovanni Pedrazzini, cardiologo al Cardiocentro: «Solo pochi minuti perché la prognosi sia critica»
Sull'attività fisica e l'incidenza di questo problema: «Lo sport allena il cuore, ma quest'ultimo deve essere tenuto sotto controllo»
LUGANO - Se n’è andato precocemente, senza apparentemente nessuna avvisaglia che qualcosa potesse andare verso questa direzione. Se n’è andato durante una corsetta, stroncato da un arresto cardiaco che, sin da subito, non ha lasciato grandissime speranze. Marco Borradori avrebbe dovuto affrontare la maratona di New York a novembre. Ma così non sarà. Complice, purtroppo, il fatto che martedì (quando tutto è accaduto) era da solo.
Ma quanto è fondamentale la presenza di qualcuno in questi casi? Quanti minuti sono necessari per intervenire e salvare una persona? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Pedrazzini, Primario del Servizio di cardiologia dell'Istituto Cardiocentro, dove si è tentato il possibile per salvare la vita al sindaco di Lugano.
«L’arresto testimoniato ha probabilità di sopravvivenza molto più alte in quanto si verifica sotto gli occhi di qualcuno. Questi, insomma, può iniziare da subito la rianimazione, quindi intervenire in prima persona, o attivare la catena di soccorso che in Ticino è molto rapida. Si calcoli che abbiamo circa 900 defibrillatori e 3500 first responder, persone che grazie a un apposito programma possono essere attivate rapidamente per recarsi in poco tempo sul posto. Grazie a queste figure in Ticino, nei casi di ritmo defibrillabile, il tasso di sopravvivenza, anche neurologica, è decisamente favorevole. Chiaro è che bisogna intervenire molto rapidamente. Si calcola che il cervello, organo molto delicato e sensibile, ha bisogno di essere riperfuso al più presto o ristabilendo il ritmo spontaneo del cuore o garantendo un massaggio cardiaco adeguato. Già dopo 3 minuti, il cervello inizia a risentire del danno da perfusione. Dopo 10 minuti la prognosi per quest’organo può già essere molto precaria».
Corrisponde al vero che ogni minuto c'è un 10% in meno di possibilità di salvezza?
«È Corretto».
Cosa avviene precisamente al corpo nel momento di un arresto cardiaco?
«Che si tratti di una fibrillazione ventricolare o un arresto d’altra natura, sostanzialmente non circola più il sangue. Non viene pompato verso gli altri organi e il cervello. Ma anche al cuore stesso, agli organi viscerali, alle zone periferiche. In un minuto il cuore pompa dai 6 agli 8 litri di sangue. Se agli organi questo sangue ossigenato non arriva più vanno in sofferenza. È fondamentale ristabilire al più presto una pompa cardiaca».
Borradori stava facendo jogging. Il rapporto tra lo sport e questi fenomeni?
«Gli incidenti cardiaci possono manifestarsi anche durante l’attività fisica. È chiaro che questa incrementa il lavoro del cuore, che deve pompare per garantire un consumo di ossigeno aumentato legato allo sforzo fisico. Durante lo sforzo cresce la frequenza, l'efficienza, la pressione e la forza di contrazione cardiaca. Lo sport è sano perché allena il cuore a lavorare in condizioni di stress. Ma anche un cuore deve essere tenuto sotto controllo».
In Ticino ogni anno ci sono 300 arresti cardiaci, quanti di questi hanno un esito letale?
«Di questi 300, solo 40 hanno un ritmo defibrillabile. Cosa vuol dire: hanno una fibrillazione ventricolare che definisce l’origine cardiaca del problema. Quando si usa il defibrillatore, questi riporta il cuore ad un ritmo regolare e riprende a pompare. Di questi 40 la sopravvivenza è del 50% circa. Stiamo parlando di un arresto extraospedaliero testimoniato e defibrillabile. Negli altri 260 casi la prognosi è ben diversa, visto che le cause di arresto cardiaco sono tante. A prescindere dalla causa, la sopravvivenza è del 10% circa. L’arresto cardiaco ancora oggi è un problema estremamente serio. La mortalità dell’infarto è stata ridotta drasticamente negli ultimi anni. Ma quando si verifica e si è da soli, le speranze sono estremamente ridotte».