Disagio giovanile, l’esperienza di Roberta Pedrinis, psicoterapeuta e arteterapeuta: «Bloccati dalle emozioni».
CAPRIASCA - Calano i suicidi in Svizzera: “solo” 2,6 al giorno e il Ticino è il Cantone in cui le cose andrebbero meglio. Lo racconta uno studio dell’Ufficio federale di statistica pubblicato di recente. I dati raccolti si riferiscono al 2020. E c’è chi si pone qualche interrogativo. Ad esempio Roberta Pedrinis, psicoterapeuta e arteterapeuta di Tesserete (Capriasca). «Non vorrei che queste cifre incoraggianti facessero finire in secondo piano il grande disagio che sta regnando a livello sociale».
I numeri sono sempre relativi. Nel 2021 la Clinica universitaria di psichiatria infantile e adolescenziale dei servizi psichiatrici universitari di Berna ha trattato oltre il 50% in più di minori suicidi nel reparto di emergenza rispetto all'anno precedente.
«Io non ho cifre. Non ho strumenti né per confermare né per confutare determinati studi. La sofferenza però c’è. Anche in un Paese benestante come la Svizzera. Si sta bene economicamente, ma a livello di nutrimento interiore sembra mancare qualcosa».
Anche secondo lo studio dell’Ufficio federale di statistica, i giovani sarebbero particolarmente in difficoltà.
«Non è solo a causa della pandemia o della guerra. I ragazzi si sentono sotto pressione. Alcuni alla fine della quarta media sono già etichettati. La scuola mette a disposizione diversi strumenti di sostegno, ma la competitività sociale e lavorativa ha un peso enorme».
Lei ha creato l’Atélier del lupo blu. Un luogo in cui si elaborano emozioni.
«È uno spazio di espressione. Libero o tematico. Nella nostra società mancano spazi di espressione. Qualcuno mi dirà che ci sono i social. Ma lì ci si esprime in modo superficiale, mai interamente. Questo mondo non aiuta a elaborare le emozioni. Il problema emozionale è enorme. Tutto quello che rimane dentro fa male, porta alla somatizzazione e alla malattia fisica».
Senza violare il segreto professionale, cosa emerge dai dipinti e dai disegni dei suoi pazienti?
«Emozioni poco accettate a livello sociale: la rabbia, la violenza autodistruttiva, la paura di non sentirsi adeguati, tristezza, malinconia. I modelli offerti dalla società dell’immagine esasperano le nuove generazioni. Qui non si mente. Le emozioni escono. E quello che i pazienti creano non deve essere per forza perfetto. Anzi. L’importante è buttare fuori».
Ma così si risolvono davvero i problemi?
«L’arte riporta la mente nel presente. La fa calmare. Le emozioni trovano un canale di espressione, di sfogo. L’obiettivo è quello di ridare fiducia e prospettive alle persone. Fare in modo che ritrovino la voglia di prendere in mano la propria vita. Spesso non si vede via d’uscita. Siamo in una società sempre più tecnologica e fredda. Anche parlando con alcuni colleghi, constato un crescente desiderio di ritrovare la propria unicità. La vita va vissuta, non subita».
Torniamo al benessere economico: negli ultimi tempi sono emerse anche diverse situazioni di povertà.
«Essere poveri in un Paese tendenzialmente benestante è diverso rispetto a essere poveri in una Nazione in cui sono quasi tutti poveri. Essere poveri in Svizzera può dunque aumentare un senso di inadeguatezza e di esclusione».