L'Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese ha presentato le sue rimostranze al Dipartimento delle Istituzioni
LUGANO - Quel vino non verrà distrutto. Ma venduto all'asta. Stiamo parlando delle circa 30mila bottiglie poste sotto sequestro e finite in tribunale per una truffa da 1,6 milioni di franchi che ha radici in Ticino. Sulla decisione del giudice Amos Pagmanenta di travasare la bevanda considerata ancora buona e di lasciarla quindi sul mercato interviene oggi l'Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese (Ivvt) che si dice sorpresa e che si oppone alla rivendita delle bottiglie.
Innanzitutto, si legge in una nota diramata oggi, i professionisti del settore fanno sapere di avere interpellato le autorità doganali, appurando che di norma «la merce sequestrata per importazione illegale viene distrutta». Ma perché in questo caso la soluzione è diversa? La motivazione del giudice è che «sarebbe peccato distruggere un alimento quale è il vino».
I professionisti del settore tengono quindi a sottolineare alcuni aspetti: «Se come riportato dai media, vinificando della Barbera siano riusciti a ottenere vini così diversi, è legittimo presumere che siano stati aggiunti aromi, glicerina, tannini e/o altri prodotti per imitare i prodotti originali. Inutile aggiungere che queste pratiche sono vietate e, in questi casi oltre alla contraffazione è lecito presupporre anche la sofisticazione».
Inoltre, aggiunge il direttore dell'Ivvt Andrea Conconi in una nota, «la messa in commercio di 30’000 bottiglie andrà sicuramente a colpire chi lavora in maniera corretta e che già soffre l’agguerrita concorrenza dei vini di importazione. Quale organo competente di settore ha informato le autorità sulla dicitura legale con la quale potrà essere messo in commercio tale vino?».
L'interprofessione ritiene, si legge ancora, «che il vino, in assenza di documenti veritieri che attestino la provenienza dei vini, questi debbano essere declassati alla terza categoria con la denominazione vino da tavola di origine Europea, senza annata, senza nome di fantasia e senza immagini che possano trarre in inganno il consumatore. Il valore di mercato di una simile bottiglia sullo scaffale non può superare i Chf 2.-/3.-.». Viene sottolineato inoltre come non basterà lavare le bottiglie e privarle delle etichette, ma sarà anche necessario sostituire i truccioli.
Date le numerose preoccupazioni per il settore, l'Ivvt ha presentato le sue rimostranze al Dipartimento delle Istituzioni e chiesto che il vino sequestrato non sia messo all’asta.