Nadia Ghisolfi, Gran Consigliera e Candidata al Municipio di Lugano
LUGANO - I disordini alla Foce segno di un malessere giovanile. Ma la violenza non può essere giustificata
Come tutti, ieri mattina mi sono svegliata con le immagini dei disordini alla Foce. E sinceramente a distanza di ore ancora fatico a credere che fossero state registrate davvero a Lugano. Una violenza verso la Polizia, alla quale va tutta la mia solidarietà, impressionante e sconcertante, ma che è figlia di un malessere dei giovani - anche se solo di una parte - che dovrebbe essere preso sul serio.
Da ormai un anno le autorità stanno costringendo i giovani, e non solo, a un regime che sta assumendo dei risvolti surreali. Basterebbe girare un pomeriggio qualunque in città: bar e ristoranti, che prima del secondo lockdown sono stati attrezzati per mantenere le distanze sociali e operare in sicurezza, chiusi mentre gruppi di persone si ritrovano all’aperto, non solo per stare insieme ma anche per cercare di vivere nel modo più decente possibile la pausa pranzo.
Ci facendo vivere in condizioni assurde, pretendere che dopo un anno di queste privazioni nessuno di noi, ma in particolare modo i giovani, provi a svagarsi in qualche modo vuol dire semplicemente vivere su un altro pianeta. Certamente chi ha aggredito gli agenti di polizia va individuato e condannato senza mezzi termini. Dovremmo però cominciare a pensare a una riapertura razionale dei luoghi d'incontro perché quello che è successo sabato sera è il primo segnale di una situazione che sta degenerando. Tutti abbiamo fatto e stiamo facendo dei sacrifici. Agli esercenti sono stati chiesti investimenti per rispettare le distanze sociali. Permettiamo a tutti, non solo ai giovani, di trovarsi rispettando queste sostanze sociali, usando mascherine, e tutto quanto ci vuole, ma permettiamo di vivere in sicurezza.