Bruxelles interviene contro il greenwashing per tutelare i consumatori e gli operatori economici impegnati ad accelerare la transizione.
BRUXELLES - La Commissione europea lancia il suo piano contro il greenwashing: le aziende europee saranno chiamate a offrire prove scientifiche per garantire che le etichette eco, bio o a ridotta impronta climatica sui loro prodotti siano veritiere, affidabili, e comparabili in tutta l'Ue.
Contro le dichiarazioni infondate gli Stati membri potranno comminare sanzione amministrative "deterrenti", incluse le multe. Le nuove regole comuni sono contenute nella direttiva Green Claims presentata oggi da Bruxelles.
L'obiettivo è tutelare i consumatori e gli operatori economici impegnati ad accelerare la transizione verde.
Il 53,3% delle dichiarazioni "verdi" sui prodotti fatte dalle aziende esaminate nell'Ue è risultato vago, fuorviante o infondato e quasi il 40% privo di fondamento, è la denuncia dell'esecutivo comunitario, che nel tentativo di contrastare il greenwashing si concentra nel dettaglio sulle etichette che riportano le diciture ecologico, climate neutral, carbon neutral, oppure 100% CO2 compensato, biodegradabile, compostabile e bio-based. Oppure, ancora: maglietta realizzata con bottiglie di plastica riciclata, realizzato con compensazione di CO2, imballo realizzato con il 30% di plastica riciclata o crema solare rispettosa dell'oceano. Sono invece escluse le indicazioni come l'Ecolabel già coperte dalle norme dell'Ue o il logo degli alimenti biologici.
L'esecutivo comunitario chiede alle aziende di fornire «prove scientifiche ampiamente riconosciute» che «dimostrino la veridicità» di quanto dichiarato dal punto di vista del ciclo di vita del prodotto - dall'estrazione dei materiali fino allo smaltimento.
Le dichiarazioni o le etichette che utilizzano un punteggio aggregato dell'impatto ambientale complessivo del prodotto non saranno più consentite e, davanti alla continua proliferazione di etichette ambientali - Bruxelles stima che oggi ve ne siano almeno 230 - non saranno permessi nuovi sistemi di etichettatura pubblici, a meno che non siano sviluppati a livello dell'Ue. Qualsiasi nuovo sistema privato dovrà comunque "mostrare ambizioni ambientali più elevate rispetto a quelli esistenti e ottenere una pre approvazione per essere autorizzato".
I paesi membri dovranno garantire l'applicazione delle nuove norme con un sistema di controlli e introdurre sanzioni «efficaci, proporzionate e dissuasive» per chi non le rispetterà, con importi stabiliti a seconda della «natura e gravità della violazione».