Non è solo l’eliminazione dalla coppa a far traballare il tecnico.
Simone Inzaghi e Zizou Zidane i sogni per l’eventuale sostituzione.
TORINO - Il retrogusto amaro dell’eliminazione dalla Champions League è ancora fresco nella bocca degli juventini. È ancora fresco nella bocca dello juventino che più “pesa”, quell’Andrea Agnelli che, dalla sua poltrona di presidente, ha deciso il recente passato e deciderà il futuro della Vecchia Signora. Un futuro che potrebbe non vedere più Maurizio Sarri seduto sulla panchina.
«Il bilancio è agrodolce, ci prenderemo qualche giorno per valutare tutto», ha graffiato il numero uno bianconero immediatamente dopo l’inutile vittoria contro il Lione. Invece che, come spesso fatto in passato, dare certezze, ha coltivato i dubbi di tanti.
«Non è una partita a decidere il destino di un allenatore», si è ripetuto negli ultimi giorni. Tutto vero, ma non è per una partita, per il ritorno degli ottavi di Champions, che Sarri è stato messo in dubbio. In un’annata drammatica, rallentata se non resa quasi ingiudicabile dalla pandemia, il tecnico toscano non ha mai realmente convinto il mondo juventino. Sceso a compromessi per accontentare i campioni in rosa, non è mai riuscito a far giocare il suo gioco. Poco in sintonia con l’ambiente e raramente all’altezza a livello di comunicazione, non ha poi saputo lasciare il segno.
Tutto ciò basta per cambiare? Le scusanti riguardano, appunto, lo tsunami-coronavirus e una rosa ancora da disegnare a sua immagine e somiglianza. E ovviamente i soldi. Il licenziamento porterebbe con sé uno stipendio - quello di Sarri - da continuare a pagare e un altro - quello di Zidane, Simone Inzaghi, Max Allegri, Pochettino o un altro - da accollarsi. In questo momento storico, reduce da una stagione mortifera per i conti societari, la Juventus si può davvero permettere un avvicendamento in panchina? Cacciando il mister i dirigenti della Vecchia Signora sarebbero infine costretti ad ammettere di aver sbagliato su tutta la linea l’anno passato, quando diedero il benservito ad Allegri sognando una rivoluzione ideologica ancor prima che tecnica. È forse questo, la difficoltà di dire «Abbiamo sbagliato» da parte di Agnelli, Paratici e Nedved, il vero asso nella manica di Maurizio da Figline Valdarno.