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CANTONENespoli: «Gli extraterrestri esistono, ne sono sicuro»

10.12.18 - 07:33
Abbiamo posto una serie di domande all’astronauta italiano Paolo Nespoli, in vista della conferenza che terrà all’Usi di Lugano domani, martedì 11 dicembre, alle 18
SPACE EXPERIENCE
Paolo Nespoli, classe 1957.
Paolo Nespoli, classe 1957.
Nespoli: «Gli extraterrestri esistono, ne sono sicuro»
Abbiamo posto una serie di domande all’astronauta italiano Paolo Nespoli, in vista della conferenza che terrà all’Usi di Lugano domani, martedì 11 dicembre, alle 18

LUGANO - Un’occasione più unica che rara, per poter ammirare le numerose immagini da lui scattate nei 313 giorni che ha passato complessivamente in orbita, prima sullo Space Shuttle, poi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale e della Soyuz. Classe 1957, l’astronauta e ingegnere aerospaziale si soffermerà nel contempo su aneddoti e curiosità legati alla sua carriera, rispondendo successivamente anche alle domande degli studenti e del pubblico.

Abbiamo raggiunto Nespoli al telefono, non appena, pochi giorni fa, l’aereo (in questo caso) ha toccato terra: «Sto respirando l’aria italiana, l’aria di casa...», ci dice. «Arrivo da Houston, formalmente sono sempre lì - aggiunge -, mi fermerò per sette-dieci giorni».

Paolo Nespoli, come ci si sente nello spazio?

«Ci si sente extraterrestri: è paradossale, ma le condizioni attorno ti cambiano pesantemente. E di fatto, per qualche settimana sei un disabile: devi di nuovo imparare a vivere in un posto dove le regole normali non esistono. E parlo, nello specifico, dell’assenza di gravità. Una forza talmente potente, che qui sulla Terra ci condiziona e ci fa comportare in un certo modo. Mentre lì ti devi trasformare, cambiando la mentalità».

Non è semplice…

«No, non è semplice, però è una trasformazione molto bella, che ti permette di assumere questa dimensione in cui sei leggero come una piuma e, addirittura, ti dimentichi, o non senti, di avere un corpo: in certi momenti sei coscienza pura... Ed è incredibile…».

Quali sono esattamente quei momenti?

«È vero che si lavora dalle 7.30 alle 19.30, ma alla sera, quando dovresti andare a letto, vai alla finestra - in gergo la cupola - e guardi questo pianeta che ti passa sotto a otto chilometri al secondo. In quegli istanti acquisisci una consapevolezza della Terra che non hai...».

In quali termini?

«Nei termini che diventi un terrestre migliore: capisci la fragilità del pianeta, la sua bellezza, il suo equilibrio. E poi, da sopra, capisci che quella è casa tua...».

Umani che da quelle parti devono trasformarsi in extraterrestri… Secondo lei, quindi, gli extraterrestri esistono...

«La mia teoria è molto semplice: personalmente, non ho nessuna prova e non ho mai sentito niente di vero sulla loro esistenza. Ma se rifletto sulle dimensioni dell’universo, sono matematicamente e statisticamente sicuro che un’altra forma di vita c’è. Dove? Sicuramente fuori dal sistema solare, dobbiamo solo trovarla...».

Quanto l'hanno cambiata le esperienze in orbita?

«Mi piace credere di essere lo stesso ragazzotto cresciuto in Brianza, che si basa sostanzialmente sulle stesse regole di vita che ha imparato a quell’età. Non sento di essere diventato chissà cosa perché sono andato nello spazio: sono più che altro grato al fato che mi ha dato questa opportunità. È vero, ho fatto una serie di esperienze che mi hanno portato a capire quanto il lavoro di squadra sia importante come il lavoro personale: senza il team, la conoscenza, la determinazione, la passione e l’addestramento vai poco lontano. Se invece hai tutto questo, riesci a fare cose impossibili».

Per tutti lei è prima un astronauta e, solo dopo, un ingegnere aerospaziale. Lei che cosa si sente di più?

«Un uomo. Poi, come formazione, di fatto, e me lo dicono in tanti, penso da ingegnere: di solito una soluzione tecnica funziona. A volte servono anche soluzioni emotive, questo è vero, ma non sono sempre praticabili...».

I sogni nello spazio sono uguali a quelli che si fanno sulla Terra?

«Devo dire, innanzitutto, che, a differenza di altri, da quelle parti dormo benissimo. E per quanto riguarda i sogni, anche nello spazio, li ricordo per tre secondi, perché poi, come sulla Terra, spariscono...».

Prima di concludere: il piatto più difficile da cucinare e mangiare in orbita?

«Il nostro è un cibo preconfezionato da consumare entro due anni. Devo dire che la selezione delle pietanze è limitata, ma relativamente: perché, nonostante tutto, abbiamo un menu che si ripete ogni 15 giorni. Quanto alla difficoltà nel cucinarlo… Direi che non è difficile… Va solo riscaldato un po'...».

Info: usi.ch

 

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