Lugano-Airport si smarca sul caso del piccolo sopravvissuto alla tragedia del Mottarone
Cosa non ha funzionato nei controlli ad Agno? Lombardi: «Il personale aereo non ha accesso alle informazioni di polizia»
LUGANO - Il jet privato decollato da Agno sabato scorso per Tel Aviv si è portato via il piccolo Eitan, sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, e ha lasciato a terra una serie di domande aperte.
Ad alcune ha risposto la stampa italiana, che oggi è tornata sul caso spiegando alcuni dettagli del prelevamento internazionale. Smhuel Peleg, ex militare con entrature nei servizi segreti israeliani, avrebbe organizzato la fuga nei minimi particolari. L'uomo - scrive Repubblica - era pedinato da almeno un mese dalle forze dell'ordine italiane, che avevano posizionato sulla sua auto presa a noleggio un tracciatore Gps.
Sabato mattina però il nonno si è presentato a prelevare Eitan con un'altra auto, una Volkswagen Polo, anch'essa presa a noleggio ma priva del rilevatore. Con questa ha raggiunto, in un'ora e mezza circa, il confine svizzero a Chiasso.
Ad aspettarli ad Agno c'era un jet privato preso a noleggio, un Cessna 680 Citation Sovereign da 9 posti intestato a una società tedesca. Il velivolo era partito dall'aeroporto di Hannover alle 10.30, atterrato in Ticino alle 11.40, per ripartire alle 15.00 con destinazione Israele. Costo del viaggio: circa 9mila euro.
Ma come hanno fatto nonno e nipote a passare il confine e i controlli aeroportuali? Smhuel Peleg era in possesso del passaporto israeliano del bambino - avrebbe dovuto riconsegnarlo alle autorità italiane entro il 30 agosto, ma non lo ha fatto - il nome di Eitan avrebbe dovuto però figurare nella banca dati della Fedpol (Sis) a seguito di un divieto di espatrio emesso dalla Procura di Pavia.
Il divieto - hanno dichiarato le autorità italiane - è stato trasmesso ai paesi confinanti. E qui sorge l'inghippo. L'Amministrazione federale delle dogane (Afd) avrebbe dovuto controllare il passaporto del minore ad Agno, se non già a Chiasso. All'interno dell'aeroporto è presente un punto di controllo doganale prima dell'imbarco. Una falla informatica? Un errore umano? Tra le ipotesi c'è quella di un "buco" nel database europeo di polizia.
Lugano-Airport si chiama fuori. «La responsabilità dei controlli sui divieti di espatrio è della polizia e delle dogane» spiega il vice-presidente e municipale Filippo Lombardi. «Non so cosa sia successo». Alle compagnie aeree spetta il controllo dei biglietti e dei documenti, ma il personale «non poteva sapere chi era il bambino, non avendo accesso alle banche dati di polizia».
Certo il nome di Eitan - che dopo la tragedia si muove con passeggino e deambulatore - avrebbe potuto far scattare un campanello d'allarme. Di qui, forse, la scelta di una compagnia privata tedesca. «Ma anche la scelta di uno scalo estero si è rivelata azzeccata» fa notare Lombardi. «È evidente che in un aeroporto come Malpensa i controlli sarebbero stati diversi».
In Israele intanto gli avvocati di parte e la Procura pavese hanno avviato un'istanza al Tribunale di Tel Aviv sulla base della Convenzione dell'Aja. Il ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio ha promesso un intervento diplomatico per riportare il bambino in Italia. Questa volta, probabilmente, senza ripassare da Lugano.