Gli autogestiti, in un comunicato, tornano a parlare dello sgombero del 30 dicembre
LUGANO - «Abbiamo la testa dura e un conto di macerie da saldare». A una decina di giorni dalla presa, seguita dallo sgombero di polizia, dell'ex Macello, gli autogestiti non danno segnali di resa. In un comunicato stampa, al contrario, annunciano intenti bellicosi e per lungo tempo: «Chi pensava di poter lasciare le macerie dell'ex macello al sicuro, dietro un recinto, dovrà rivedere i suoi calcoli. Occorrerà perlomeno provvedere a spendere ancora qualche milioncino per il dispositivo di sicurezza, perché di qui a due anni le occasioni per riprendere l'ex macello saranno infinite».
«Ripresi quegli spazi per dignità» - Quanto ai motivi che li hanno spinti all’occupazione del 30 dicembre scorso, i molinari scrivono di aver «voluto riprenderci quegli spazi, non per farci una festa e non per cercare un luogo dove passarle, le feste. Quegli spazi li abbiamo ripresi per la dignità che ci sentiamo, per il rispetto che ci dobbiamo e per la coerenza che ci viviamo. Sorprendendo, sognando, spiazzando e mettendoci i nostri corpi e le nostre vite». Spazi che, scrivono ancora, «per quasi 20 anni abbiamo saputo autogestire, sottraendoli, ieri come oggi, a speculazione e abbandono. Spazi che conosciamo bene, inclusi i tetti sui quali è sicuro e importante salire in caso di alluvioni, maremoti, ruspe o violazioni di domicilio da parte di forze dell'ordine in assetto di guerra».
Il loro bilancio dell'azione di polizia - A proposito dell’esito dell’occupazione, conclusasi all’alba con l’entrata in azione delle forze di polizia, gli autogestiti dicono che se l’aspettavano: «Tantomeno ci aspettavamo qualcosa di diverso dalle solite pratiche repressive fatte di cariche, di uso di armi chimiche, di proiettili di gomma, di arresti e denunce». Di quelle ore tracciano anche un bilancio, che è forzatamente la loro verità: «Non ci sorprende infatti che, durante l'occupazione, una compagna è stata volutamente scaraventata a terra da un agente antisommossa, con conseguente perdita di conoscenza. Non ci stupisce che un compagno è stato fatto volutamente cadere da una scala, con una frattura alle costole. Non ci stupisce che alla compagna rimasta sul tetto siano state fatte forti pressioni psicologiche per abbandonare lo spazio e che le sia stata negata l'acqua».