Assunti come infermieri, si ritrovano a fare tutt'altro: tutto a carico della cassa malati.
Le segnalazioni però alle autorità competenti sono pressoché inesistenti.
BELLINZONA - «Se ci sono alcuni servizi che lavorano male è perché riescono a eludere le regolamentazioni attuali». È preoccupata Paola Lavagetti, delegata dell’Associazione svizzera degli Spitex privati (Asps) nella lettura della situazione riguardante il settore delle cure a domicilio nel cantone. «Ci sono casi - racconta - in cui al personale non qualificato viene chiesto di svolgere prestazioni infermieristiche. Tiene a precisare, però, che «fortunatamente la maggior parte dei servizi privati lavora bene e rispetta le leggi».
In qualità di direttrice del servizio di cure a domicilio Internursing le è capitato direttamente di raccogliere delle testimonianze di lavoratori costretti a sottostare a ritmi lavorativi non consentiti dalla legge. «Quando gli infermieri vengono a fare i colloqui da noi si lamentano delle condizioni presenti in altre realtà: c’è chi salta i riposi, chi lavora sempre durante i festivi e le domeniche, chi lavora 12 ore al giorno e chi, infine, non viene retribuito per gli spostamenti. Questo non è legale». Ma cosa si deve fare in queste situazioni? Per Lavagetti non c’è ombra di dubbio: «Si deve segnalare a Cantone e sindacati: sono tenuti a effettuare dei controlli». Per questo, continua, serve al più presto «una definizione dei requisiti di qualità».
«Dovevo cucinare o portare a spasso al cane» - Di una situazione analoga è stata protagonista Anna*, un’infermiera che, dopo una lunga esperienza in corsia d'ospedale, due anni fa ha deciso di lanciarsi nel settore dell’assistenza domiciliare. Dall'invio del curriculum, nel giro di poco, è stata assunta in una realtà che inizialmente «sembrava tutta rose e fiori». Ben presto, però, all'entusiasmo dei primi mesi sono subentrate rabbia e frustrazione: aveva compreso che lì la situazione era «ben diversa» da quella mostrata inizialmente. «Mi ritrovavo a svolgere le attività di un’assistente di cura: dovevo cucinare o portare a spasso il cane della paziente», racconta. Oltre a questo il contratto collettivo siglato, «fermo al 2015», non prevedeva scatti e ognuno veniva pagato senza un reale criterio. «Quando ho fatto presente alla titolare dello Spitex di quanto non funzionasse, ha iniziato a farmi mobbing - prosegue -. Mi è capitato di ricevere insulti per telefono. Ho passato dei mesi infernali, avevo persino gli attacchi di panico». Da lì la segnalazione al Cantone in forma anonima e la ricerca di una nuova collocazione, «ora qui sto bene».
Anna è solo una dei tanti infermieri che subiscono questo trattamento. Solo che convincerli a parlarne apertamente è davvero difficile. Le diverse testimonianze però, che rimangono tra la paura di denunciare e il non detto, raccontano di professionisti della salute mandati a casa delle persone a fare la spesa, a tagliare l'erba, a fare le pulizie; il tutto a carico della cassa malati. Lo conferma Helsana: tra le diverse non conformità riscontrate in Ticino vi sono «le prestazioni per aiuto domiciliare (non a carico LAMal) fatturate a carico dell’assicurazione malattia come prestazioni Spitex. Si riscontra soprattutto in assicurati che non hanno coperture integrative e quindi non hanno diritto a un contributo dalle assicurazioni complementari», ci hanno spiegato. Insomma, stando a questa ricostruzione, spesso sono gli stessi utenti (verosimilmente per motivi economici) a chiedere agli Spitex di chiudere un occhio.
Una realtà sommersa - Ma non finisce qui. Dalle informazioni raccolte, ci risulta che alcuni spitex privati assumono personale frontaliero senza il riconoscimento del titolo di infermiere da parte della Croce Rossa Svizzera. Lo fanno con un escamotage: li assumono in qualità di assistenti di cura. Una volta a casa dei pazienti, lavorano comunque come infermieri, svolgendo dalle consuete prestazioni (rivelazione dei parametri vitali e somministrazione della terapia), fino alle più rischiose, come le trasfusioni di sangue. Ci sono poi assistenti di cura che svolgono prestazioni infermieristiche, come medicazioni complesse (di ferite chirurgiche o lesioni da decubito). Il tutto - sembrerebbe - per risparmiare.
Manca un reale controllo - Sorge quindi spontanea una domanda: come fanno a sfuggire queste situazioni ai diversi controlli? Fausto Calabretta sindacalista Vpod responsabile del settore anziani e assistenza e cura a domicilio in Ticino, ci ha aiutato a capire meglio: «Se i servizi non hanno firmato né un contratto collettivo né tanto meno con il Cantone, diventa difficile indagare e far rispettare i diritti dei dipendenti». In più, molto spesso, «vittime di questi comportamenti sono frontalieri che hanno paura di denunciare. Piuttosto cambiano posto di lavoro, senza rivendicare i propri diritti».
«Segnalare sempre» - Una realtà che rimane sommersa e difficile da intercettare, dunque, perché teoricamente «il sistema prevede tutta una serie di criteri affinché un’organizzazione e un operatore arrivino a poter erogare delle prestazioni», spiega Daniele Stival capoufficio dell’Ufficio anziani e delle cure a domicilio del Cantone. I Cantoni sono infatti i responsabili dell’autorizzazione delle organizzazioni Spitex. «Parallelamente - continua - vi dovrebbero essere dei controlli da parte sia della persona che riceve determinate prestazioni, da parte del medico che le prescrive e dall’assicuratore che le paga». «Un sistema come questo, con differenti interlocutori, difficilmente può ambire a una verifica del 100%, soprattutto se si pensa che l’attività in questione avviene all’interno delle mura di casa di una persona, per la maggior parte dei casi, anziana». Ma rimane fermo una questione: queste situazioni non conformi «possono accadere, ma devono essere segnalate: al Cantone, all’assicuratore malattia della persona o al medico che prescrive».
*nome noto alla redazione