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CANTONETra un «Ma sì, stavo scherzando» e un «Ormai non si può più dire nulla»

28.10.24 - 06:30
Cos'è appropriato sul posto di lavoro? E cosa invece è una molestia? Dopo l'esplosione del caso Ermani se lo sono chiesto in molti.
Imago (simbolica)
Tra un «Ma sì, stavo scherzando» e un «Ormai non si può più dire nulla»
Cos'è appropriato sul posto di lavoro? E cosa invece è una molestia? Dopo l'esplosione del caso Ermani se lo sono chiesto in molti.

LUGANO - «Ogni comunicazione, anche se l’intenzione è buona, può avere un impatto indesiderato». A ricordarcelo, parlando di molestie sessuali sul lavoro, è Stefania Mastrillo, psicologa del Laboratorio di psicopatologia del lavoro.

Dopo il caso dell’immagine raffigurante una donna seduta tra due statue di forma fallica e la scritta "Tribunale penale" inviata dal giudice Mauro Ermani a una segretaria del Tribunale penale cantonale si è infatti discusso parecchio di cosa può essere tollerato e cosa no sul posto di lavoro.

Immagini sessiste? «Da evitare» - «In generale, senza entrare nel caso specifico, dobbiamo evitare di condividere immagini di carattere sessuale o sessiste, così come immagini che possono urtare i sentimenti degli altri», spiega Mastrillo. «Mantenere un ambiente professionale e rispettoso sul posto di lavoro è fondamentale. Quando si inviano immagini o video ai colleghi, è essenziale prestare attenzione non solo al contenuto, ma anche alle possibili reazioni, considerando che non conosciamo completamente le sensibilità o il vissuto di chi ci circonda. Anche ciò che potrebbe sembrare innocuo o scherzoso può essere percepito come inappropriato o offensivo da qualcun altro».

Le molestie, nel concreto - A toglierci ogni dubbio su come si riconoscono le molestie sessuali sul lavoro, intanto, è il Kit di prevenzione stilato dalla Conferenza svizzera dei delegati alla parità. Le molestie sessuali, viene indicato, «possono manifestarsi attraverso parole, gesti e fatti», tra cui: 

- Esporre o inviare immagini a connotazione sessuale
- Fare commenti osceni o imbarazzanti sull’apparenza fisica dei/delle colleghi/e;
- Fare commenti sessisti e battute sulle caratteristiche sessuali, il comportamento sessuale, l’orientamento sessuale, l’identità di genere oppure l’espressione di genere dei/delle colleghi/e;
- Pedinare colleghi/e all’interno o all’esterno dell’azienda o dell’organizzazione;
- Provocare contatti fisici indesiderati;
- Fare avances ed esercitare pressioni con lo scopo di ottenere favori di natura sessuale, spesso accompagnate da promesse di ricompense oppure minacce di ripercussioni;
- Aggressioni sessuali, vincoli sessuali, tentativi di stupro o stupri.

A chi vuole segnalare delle molestie sul lavoro, Mastrillo consiglia di rivolgersi prima di tutto ai propri superiori, oppure ai responsabili delle risorse umane dell'azienda. Alcune aziende dispongono inoltre di una persona di fiducia interna o esterna designata per gestire questioni legate a molestie o discriminazioni.

Tuttavia, «se internamente non vengono adottate misure appropriate o se la persona che subisce molestie ritiene che le azioni intraprese non siano sufficienti o efficaci, è possibile rivolgersi a istituzioni pubbliche come l’Ufficio pari opportunità, l’Ispettorato del lavoro o il Laboratorio di psicopatologia del lavoro». 

«Servono regole e sanzioni» - Ogni persona, facciamo notare, ha però un'idea diversa di cos’è una molestia sessuale, e negli anni questa percezione si è evoluta. In che modo, dunque, si può fare prevenzione? 

«Il datore ha la responsabilità di promuovere un ambiente lavorativo sereno e rispettoso, e per farlo è essenziale che l'azienda disponga di un regolamento interno volto a prevenire violazioni delle integrità personali come le molestie sessuali», spiega la psicologa. «Avere un regolamento che metta dei paletti in questo senso è fondamentale, in primo luogo perché legittima l’azione di segnalare una molestia sessuale, e in secondo luogo perché aiuta i dipendenti a capire cosa è tollerato e cosa non lo è sul posto di lavoro. Risulta infine chiaro che, in caso di mancato rispetto di queste regole, si può andare incontro a delle conseguenze». Al di là della rilevanza penale o civile della molestia, le aziende dovrebbero infatti prevedere misure disciplinari per chi viola le regole.

Dalle scuse formali al licenziamento - Il sindacato Unia, dal canto suo, mette a disposizione dei datori di lavoro rossocrociati un modello di regolamento contro le molestie sessuali che le aziende possono adattare a seconda delle loro esigenze. Il regolamento, indica Unia, «deve prevedere esplicitamente una tolleranza zero contro le molestie, istituire un punto di contatto per le vittime e prevedere sanzioni contro gli autori di molestie sessuali». Il sindacato presenta inoltre molteplici tipologie di sanzioni da applicare secondo la gravità dell’accaduto: ordine di presentare scuse scritte alla persona molestata, richiamo, ammonimento, ammonimento con minaccia di licenziamento, trasferimento, licenziamento ordinario e licenziamento con effetto immediato.

«Le aziende che desiderano implementare dei dispositivi di prevenzione per contrastare le violazioni dell’integrità personale possono inoltre rivolgersi ai servizi cantonali, che a chi aderisce al programma PMI Azione+ offrono gratuitamente consulenza e formazione», ci riferisce Mastrillo. Il programma è rivolto alle direzioni, al personale dirigente e ai collaboratori e alle collaboratrici e prevede un accompagnamento individualizzato nell’elaborazione di strumenti di prevenzione e regolamenti aziendali.

«Ci vuole buon senso» - Spesso e volentieri in ambito lavorativo c’è però chi giustifica tutto con un "ma dai stavo scherzando" o un "ormai non si può dire e fare niente". «Capisco che qualcuno possa avere questa sensazione, ma ci vuole buon senso. E penso che la maggior parte della popolazione ce l’abbia», commenta Mastrillo. «I datori di lavoro devono poi sensibilizzare i collaboratori e le collaboratrici sul fatto che anche dei commenti scherzosi possono avere un impatto sul clima lavorativo».

Allo stesso tempo «è essenziale che tra colleghi ci siano una buona sensibilità e una solida comunicazione, e che chi assiste a comportamenti fuori luogo reagisca parlandone con l’autore e con la vittima». Segnalare, infatti, risulta spesso difficile per chi subisce molestie in ambito professionale. «Si temono ritorsioni sul piano lavorativo o addirittura un licenziamento».

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