Per migliaia di scettici, la pandemia non è reale. E su Twitter spunta l'hashtag #FilmYourHospital
NEW YORK - Al pari di altri grandi drammi umani, che vanno dall’olocausto alla crisi climatica, anche il nuovo coronavirus si è ritagliato la sua fetta di negazionisti. Il fenomeno sembra aver preso piede, in particolare negli Stati Uniti, con una certa intensità. Durante l’ultimo fine settimana, i social network sono stati presi d’assalto da teorici del complotto secondo i quali la pandemia in corso sarebbe in realtà gonfiata ad arte dagli enti di pubblica sanità e dai media.
Il pilastro alla base del pensiero negazionista, come riporta oggi NBC News, è da ricondurre al fatto che gli ospedali non si trovano in realtà in una situazione d’emergenza a causa dell’elevato numero di pazienti ricoverati per Covid-19. La prova? Le immagini degli stessi ospedali. Come se osservare quanto accade all’esterno delle strutture fosse sufficiente a tracciare un quadro realistico di quanto avviene all’interno. La teoria però si è diffusa a macchia d’olio, con tanto di hashtag #FilmYourHospital che invita gli scettici a recarsi di persona negli ospedali per documentare quanto sta accadendo. L’hashtag è stato rilanciato da diverse migliaia di persone in questi ultimi giorni.
Una reazione naturale - Il dramma del coronavirus è documentato da immagini, testimonianze e dolorose cifre. Come si spiega dunque il proliferare, anch’esso virale, di teorie distorte e prive di fondamento di fronte a fatti provati? Per quanto sia irrazionale, sostengono gli esperti, la negazione è in realtà una reazione naturale per un essere umano sopraffatto emotivamente dalla situazione. Questa necessità di compensare un timore negandone la natura tocca anche chi ha una formazione specifica sul tema. «All'inizio dell'epidemia in Italia, alcuni colleghi che ammiro e per i quali ho grande rispetto non accettavano la realtà», ha raccontato al Business Insider la dottoressa Elena Savoia della Chan School of Public Health dell'Università di Harvard.
Disinformazione virale - Vi è poi il fattore disinformazione, che si diffonde rapidamente, proprio come sta facendo il coronavirus. E la voce dell'autorità, quando sbaglia, può contribuire in modo pesante a questo fenomeno. «In qualità di esseri umani, ci affidiamo ad altre persone per formare le nostre opinioni. Prestiamo soprattutto attenzione agli esponenti delle autorità e alle maggioranze», ha spiegato Celeste Kidd, esperta di scienze cognitive dell'Università della California Berkeley al portale informativo dell'ateneo, ricordando la recente uscita del presidente Donald Trump a favore della clorochina, come farmaco per curare il Covid-19. «Le persone che occupano una posizione di rilevo hanno una grande responsabilità nel dosare le proprie parole. A dipendenza di quanto sono attenti, possono fare del bene o grossi danni».
Un pericolo concreto - La crisi del coronavirus, purtroppo per noi, è del tutto reale. E la disinformazione è un pericolo concreto, al punto che i social network sono corsi ai ripari nelle ultime settimane, cercando di arginare la diffusione di "fake news" sulle proprie piattaforme. In altre parole, come spiegato al Telegraph Daily da Imran Ahmed - numero uno del Center for Countering Digital Hate - «stiamo combattendo due epidemie che si rinforzano a vicenda. Una è biologica, l'altra è sociale».