Umori e speranze tra la gente di Filadelfia e di Washington a poche ore dall'elezione del nuovo leader del Paese.
WASHINGTON - Sono più di 100 milioni di americani che hanno già espresso la loro preferenza grazie all’early voting. La pratica del voto anticipato ha registrato numeri record quest’anno. Certo, tanti hanno giocato d’anticipo per paura delle lunghe file che avrebbero dovuto affrontare, con conseguenti rischi di assembramento. In realtà, oltre alla paura del contagio da coronavirus, le persone si sono mobilitate in massa perché dalla costa est, alla costa ovest del Paese, gli americani hanno vissuto queste elezioni come le più importanti di sempre. Mesi di campagna elettorale hanno messo in luce una Nazione profondamente divisa. Due anime terrorizzate: quella democratica di dover subire altri quattro anni di quello che definiscono il “presidente più catastrofico della storia”, i repubblicani di dover essere governati da Joe Biden, disprezzato e accusato di voler togliere loro ogni libertà, a partire da quella di pensiero.
In Pennsylvania
In uno stato importante come la Pennsylvania, fondamentale perché in bilico fino agli ultimi giorni prima del voto, bastava guidare per le cittadine periferiche di Filadelfia, per sondare gli umori. Quasi in ogni casa, in giardino il cartello con il nome del candidato preferito. Una lotta importante quella che si è svolta nella periferia, perché le donne che furono decisive nel 2016 per consegnare la vittoria dello Stato a Trump, e quindi la presidenza, hanno in parte cambiato idea. “Io ho votato dem, la mia vicina di casa, come puoi vedere dai cartelli, ha scelto i repubblicani - ci racconta Marie, nella contea di Chester - Tutta la nostra cittadina è in fermento da mesi, al supermercato, dal parrucchiere o a tavola, il tema è sempre stato il prossimo presidente degli Usa”. Tante persone che non si erano mai occupate di politica, si sono mobilitate, mossi tutti da diversi fattori: la pandemia, la disoccupazione, le necessità legate all’assistenza sanitaria, le discriminazioni razziali.
A Filadelfia
Proprio quest’ultimo punto ha fatto schizzare la partecipazione soprattutto dei giovani a Filadelfia, considerata una polveriera per le proteste nate dopo l’uccisione di un afroamericano proprio pochi giorni prima del voto. “Se vogliamo contare e cambiare, dobbiamo votare”, dicono Mike e Luke, durante una manifestazione al Malcom X park, a ovest della città. Di diverso umore i giovani che appoggiano il repubblicano: “Sono sicura che Trump vincerà, se non dovesse accadere è solo perché i democratici hanno imbrogliato”, dice sicura Emily che ci racconta di aver partecipato a uno degli ultimi comizi di Trump nello stato.
A Washington
Clima teso nella capitale, Washington DC. La città è sotto i riflettori da settimane. Il perimetro della Casa Bianca è stato letteralmente recintato. I timori di disordini restano alti. È qui che Donald Trump ha programmato un party esclusivo con 400 ospiti in caso di vittoria. Annullato quello nella sua proprietà, il Trump International Hotel. In città si registra l’arrivo di estremisti di destra come di sinistra. Il rischio di un cortocircuito in caso di vittoria rossa o blu, resta altissimo. In centro sono numerosi i negozianti che hanno preferito chiudere gli esercizi commerciali oppure sbarrare le vetrine con robuste tavole di truciolato. Intanto la folla continua a crescere a Black Lives Matter Plaza, sulla sedicesima strada, a pochi passi dalla Casa Bianca. C’è chi canta, chi prega, chi urla slogan. Tutti aspettano con il cuore in gola il nome del vincitore.