Emergono nuovi dettagli dall'inchiesta chiusa ieri sul crollo del viadotto
GENOVA - Il ponte Morandi «andava interdetto subito al traffico». È quanto emerge dall'inchiesta sul crollo del viadotto autostradale (14 agosto 2018, 43 vittime) chiusa ieri dalla procura di Genova. A scriverlo sono i pubblici ministeri (pm) basandosi su una comunicazione informale che Antonio Brencich, docente universitario membro esterno del Comitato tecnico che, a febbraio 2018, aveva vagliato il progetto di rinforzo delle pile 9 (quella crollata) e 10.
Brencich, scrivono i pm, descrive ai membri del Comitato rammagliamene del viadotto come «uno stato di degrado... impressionante, addirittura con la rottura di alcuni cavi metallici degli stralli» e ancora, uno «stato generale di degrado del calcestruzzo e delle armature dell'impalcato», «un pessimo stato di conservazione» e «una incredibile pessima prestazione del manufatto».
Questa comunicazione, ragionano i magistrati, avrebbe dovuto essere comunicata immediatamente agli organi pubblici di sorveglianza «affinché quella situazione di evidente rischio fosse resa pubblica e il transito veicolare fosse immediatamente interdetto».
Anche i dirigenti del ministero delle Infrastrutture, dal canto loro, avrebbero omesso qualsiasi tipo di sorveglianza. «Non procedevano - scrivono i pm - ad ispezioni e controlli diretti ma neppure richiedevano alla società concessionaria informazioni e documentazioni concernenti i lavori eseguiti e le condizioni dell'opera». In conseguenza «di questa totale ignoranza - si legge nelle carte - volontariamente perseguita, delle condizioni dell'infrastruttura più importante, complessa e fragile dell'intera rete autostradale, omettevano di adoperarsi affinché fossero rilevate e contestate alla società le sistematiche violazioni delle norme».