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MONDOL'Oms boccia il "plasma", non è la panacea anti-Covid

07.12.21 - 06:00
La terapia «non incrementa le chance di sopravvivenza né riduce la necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica»
Depositphotos (foto d'archivio)
L'Oms boccia il "plasma", non è la panacea anti-Covid
La terapia «non incrementa le chance di sopravvivenza né riduce la necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica»

GINEVRA - Il plasma prelevato dai pazienti convalescenti di Covid pare non essere la panacea per curare la malattia indotta dal coronavirus. Parola dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha emesso una raccomandazione contro il suo utilizzo nelle terapie anti-Covid.

La nuova linea guida, pubblicata attraverso il prestigioso British Medical Journal, si fonda sui risultati ricavati da 16 diverse sperimentazioni cliniche, alle quali hanno preso parte 16'236 pazienti Covid che presentavano condizioni lievi, gravi e critiche della malattia. «Nonostante un inizio promettente, i dati attuali mostrano che» il plasma dei convalescenti «non incrementa le chance di sopravvivenza né riduce la necessità di dover ricorrere alla ventilazione meccanica». Inoltre, scrive l'Oms, si tratta di una terapia «costosa» e «molto dispendiosa in termini di tempo» richiesto per essere somministrata.

L'Oms ha inoltre diversificato l'intensità della propria raccomandazione. Per quanto riguarda i pazienti che non presentano una sintomatologia grave di Covid-19, la raccomandazione è infatti «forte», sottolinea l'istituto dell'Onu in quanto «ricorrere a trattamenti farmacologici nei pazienti a basso rischio di mortalità è ingiustificato». Per i pazienti che presentano un quadro clinico critico, la raccomandazione è invece semplice. Un'eccezione nelle linee però c'è, ed è rappresentata dal contesto degli studi controllati randomizzati. «Sebbene il plasma dei convalescenti non dovrebbe essere utilizzato abitualmente in nessun tipo di paziente, indipendentemente da quanto gravemente siano malati, riconosciamo che c'è un sufficiente margine di incertezza per quanto riguarda i pazienti in condizioni gravi o critiche da giustificare il proseguimento degli studi clinici randomizzati».

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