L'uomo che a marzo scavalcò i cancelli della residenza dell'ambasciatore elvetico soffre di problemi di salute mentale
In particolare temeva di essere stato preso di mira dai suprematisti bianchi: da qui l'idea di chiedere asilo alla Svizzera
WASHINGTON - L'uomo che nel marzo di quest'anno si è introdotto nella residenza dell'ambasciatore svizzero a Washington D.C., venendo alle mani con il diplomatico, è stato condannato ad un anno di arresti domiciliari, seguito da tre anni di libertà vigilata.
L'assalto di un diplomatico straniero nella sua abitazione «è profondamente preoccupante per il governo», ha detto l'assistente procuratore Tara Ravindra parlando della sentenza, come riportato dal Washington Post.
L'uomo, un 31enne di Portland, nell'Oregon, dovrà sottoporsi anche a un trattamento relativo alla sua salute mentale, e stare lontano dall'ambasciata svizzera e dall'ambasciatore. Davanti al giudice distrettuale Rudolph Contreras, l'imputato si è dichiarato colpevole di aggressione, resistenza ad un ufficiale e intimidazione di un funzionario straniero, oltre che ingresso illegale in una proprietà privata.
L'avvocato difensore Carlos Vanegas ha però detto di non voler rinunciare alla difesa del suo cliente, che ha definito «un giovane uomo che soffre di disturbi bipolari, schizofrenia e paranoia». Secondo Vanegas, il 31enne ha commesso i reati «in uno stato delirante», mentre era «in cerca di asilo» dalla Svizzera, in un momento in cui aveva smesso di prendere i suoi farmaci.
Sempre secondo il legale, l'uomo era in stato di agitazione perché temeva di essere stato preso di mira da gruppi suprematisti bianchi, a causa della sua simpatia per il movimento Black Lives Matter. «Ovviamente quello che ha fatto è sbagliato, ma non credo che possa essere separato dalla sua crisi di salute mentale», ha infine concluso Vanegas, definendo Mandeville come una persona «fragile» e «vulnerabile».