Cos'è la Corte penale internazionale, che ha spiccato il mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin
L'AIA - Per il Cremlino «è carta igienica», per il presidente ucraino Zelensky «una decisione storica». Di sicuro, ha fatto molto discutere il mandato di arresto internazionale spiccato dalla Corte penale
internazionale (Cpi) nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, accusato di crimini di guerra, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i Diritti dei Bambini. Nello specifico, sono accusati di «deportazione illegale di popolazione (bambini)» oltre che di «trasferimento illegale». I crimini sarebbero stati commessi in Ucraina a partire dal 24 febbraio dello scorso anno e riguarderebbero centinaia di bambini prelevati da orfanotrofi e case di accoglienza.
Putin a processo? Molto difficile - Se è vero, però, che vi è l'obbligo per gli Stati che hanno sottoscritto lo statuto fondante della Corte di «eseguire il provvedimento nel caso la persona, nei confronti della quale è emesso il mandato di arresto, si trovi sul proprio territorio», non sussiste alcun vincolo per coloro che non riconoscono l'autorità della Cpi - tra cui la Cina, la Russia, Israele e gli Stati Uniti. Quello contro Putin risulta nella sostanza un processo che difficilmente, almeno per ora, avrà luogo, ma non è detto che le cose non possano cambiare. La Russia, quale Stato non aderente allo Statuto di Roma, non ha alcun obbligo di estradizione e, a oggi, non esiste alcun mezzo di coercizione internazionale per far rispettare le decisioni della Corte.
Chiarezza sulle Corti - Spesso la Corte penale internazionale viene confusa con la Corte internazionale di giustizia. Nota anche come Tribunale internazionale dell'Aia, è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, contribuisce a comporre pacificamente le controversie tra Stati e ha sede nella città dei Paesi Bassi. Stessa ubicazione anche per la Cpi, alla quale compete il giudizio dei crimini più gravi che interessano l’intera comunità internazionale: il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra. D'altra parte la Cpi, nei suoi vent'anni di storia, ha già indagato e consegnato alla giustizia, pur tra tante difficoltà, diversi criminali.
La genesi della Cpi - L'idea di una corte sovranazionale risale all'epoca della Seconda Guerra Mondiale, quando vennero istituiti i primi tribunali internazionali competenti a giudicare i crimini di guerra, come il tribunale di Norimberga che ampliò le proprie competenze inserendovi anche i crimini contro l'umanità e contro la pace. Nel 1996, dopo aver varato il progetto di formulare un codice e uno statuto per la Corte penale internazionale, l'Assemblea delle Nazioni Unite convocò a Roma una conferenza diplomatica dei plenipotenziari degli Stati per l'istituzione di tale organo di giustizia.
Come funziona - Lo Statuto di Roma, ratificato da 123 Paesi del mondo, venne stipulato il 17 luglio del 1998 e definisce nel dettaglio la giurisdizione e le competenze della Corte - che può processare le persone fisiche (ma non gli Stati nazionali) accusate di essere responsabili di crimini di guerra, genocidio, crimini contro l'umanità e crimine di aggressione. La Corte può, inoltre, procedere solo nel caso in cui lo Stato parte in causa non voglia agire in base alle proprie leggi nazionali o non abbia la capacità di farlo. I crimini in questione devono essere commessi da un cittadino di uno Stato parte, o sul territorio di uno Stato parte dello Statuto, anche se colui che li ha commessi sia cittadino di uno Stato non parte. Può succedere anche che sia lo Stato non parte a dichiarare di accettare la competenza della Corte penale internazionale, così come fatto dall'Ucraina nel 2014.
La gravità dei crimini è, infatti, il requisito fondamentale per stabilire se sussista la competenza o meno della Corte penale internazionale, che opera come un vero tribunale penale, con un proprio organo inquirente che si occupa delle indagini, un procuratore, una presidenza, una cancelleria e le varie sezioni per i tre gradi di giudizio. Lo Statuto di Roma, prevede tre diverse modalità con cui si può attivare la Corte penale internazionale: la segnalazione di uno Stato parte, l'attivazione su indicazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, oppure una indagine avviata su iniziativa del procuratore.
La prima condanna - La prima modalità di azione, che è sicuramente quella più usata, ha portato la Corte a emettere, nel marzo 2012, la prima sentenza di condanna nei confronti dell'imputato Thomas Lubanga Dylo, condannato per crimini di guerra commessi nella Repubblica Democratica del Congo tra il 2002 e il 2003. In particolare, Lubanga è stato ritenuto colpevole di «reclutamento forzato e arruolamento di bambini soldato», costretti a combattere nella regione di Ituri, in Congo, durante i combattimenti che vedevano contrapposti le Forze Patriottiche per la Liberazione del Congo, guidate da Lubanga, e le altre milizie locali. La sentenza di condanna di Lubanga, per quanto accolta come un passo importante verso la condanna di crimini spesso dimenticati, non fu esente da critiche perché la Corte venne accusata di non aver allargato le proprie indagini e perseguito altri gravissimi reati, commessi nel medesimo contesto, come quelli a sfondo sessuale. Inoltre, come denunciato da numerose organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch, l'impatto in Congo della condanna di Lubanga non fu così rilevante, visto che crimini della stessa natura continuarono a essere perpetrati.
Condanne storiche - Nel 2016, la Corte penale internazionale condannò il jihadista maliano Ahmad al Faqih al-Mahdi per crimini contro l'umanità. Era stato incriminato per la distruzione di nove mausolei e una moschea a Timbuctù, nel nord del Mali. Questa sentenza di condanna rappresentò una svolta storica perché, per la prima volta, la distruzione del patrimonio culturale venne considerato un crimine di guerra. Al Faqih, inoltre, fu il primo militante islamista a venire processato dalla Corte penale internazionale. Nel 2019, invece, venne emessa la sentenza di condanna a trent'anni di reclusione nei confronti del ribelle congolese Bosco Ntaganda, noto come 'Teminator', per crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Ntaganda è la prima persona a essere stata condannata dalla Corte penale per il reato di schiavitù sessuale di ragazze minorenni, oltre che per omicidio, stupro e impiego di bambini soldato di età inferiore ai 15 anni. Si tratta, inoltre, della maggiore condanna mai inflitta dalla Corte penale.
Siria e Darfur - L'apertura di un procedimento penale su indicazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, in base all'articolo 16 dello Statuto di Roma, permise invece alla Corte penale internazionale di avviare indagini sui crimini commessi in Siria nel 2014, in Libia e nel Darfur. Proprio a tal proposito, il 5 aprile dello scorso anno, è iniziato il processo contro Ali Kosheib, considerato il leader delle milizia Janjaweed e comandante delle forze ausiliari del governo sudanese nel conflitto in Darfur, tra il 2003 e il 2004. Su Kosheib, arrestato nel 2020 dopo 13 anni di latitanza, pendono ben 31 capi d'accusa che vanno dai crimini di guerra a quelli contro l'umanità. In particolare, l'uomo è accusato di 504 omicidi, 20 stupri e della fuga di oltre 41 mila persone dai propri villaggi. Su quanto accaduto in Darfur, la Corte penale internazionale era già intervenuta svolgendo delle inchieste a carico del presidente del Sudan, Omar Al Bashir, e il ministro degli affari umanitari Ahmed Haroun, contro i quali sono stati spiccati dei mandati di cattura internazionale. Con riguardo alla Siria, il procedimento di deferimento da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu è stato utilizzato nel 2014, ma si è arenato per via del veto esercitato da Russia e Cina.
La Libia - Attendono giustizia, da decenni, anche i parenti delle centinaia di persone che sono state detenute arbitrariamente, torturate o scomparse, e poi ritrovate nelle fosse comuni, in Libia. Nel novembre dello scorso anno, il procuratore della Corte penale, Karim Khan, ha condotto una missione ufficiale nel Paese nordafricano, visitando le prigioni gestite dalle milizie Al-Kaniyat e le fosse comuni. In occasione di questa missione, il procuratore Khan ha dichiarato che «ulteriori richieste di mandato di cattura sono state presentate ai giudici indipendenti della Corte penale internazionale» e ciò perché «a una valutazione preliminare dell'Ufficio del procuratore, i crimini contro i migranti in Libia possono costituire crimini contro l'umanità e crimini di guerra».
La contrarietà degli Usa - Con riguardo alla terza modalità, non si può non ricordare che nel 2017, quando la Corte penale internazionale mosse i primi passi per incriminare alcuni militari delle truppe Usa per crimini di guerra contro dei prigionieri afghani, il presidente Donald Trump minacciò i giudici della Corte, affermando che avrebbe «vietato ai giudici e procuratori di entrare negli Usa. Sanzioneremo i loro fondi nel sistema finanziario statunitense e li perseguiremo nel sistema penale degli Stati Uniti». Il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, dal canto suo, definì la Corte dell'Aia «assolutamente pericolosa», aggiungendo che gli Stati Uniti avrebbero lasciato che «la Corte penale internazionale muoia da sola». Il 5 marzo 2022, ribaltando il provvedimento del 2021 che rigettava l'avvio di una inchiesta su richiesta del Procuratore Bensouda, la Corte penale internazionale ha, invece, autorizzato l'Ufficio del Procuratore ad avviare le indagini «sui crimini commessi in Afghanistan dal 1 maggio 2003, oltre ad altri presunti reati connessi al conflitto armato, commessi dal 1 luglio 2002».