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LIBANOL’ansia dell’attesa

29.07.24 - 10:05
L'escalation di violenza a nord di Israele non è mai sembrata così vicina. Nel frattempo Hezbollah si prepara all'imminente attacco.
AFP
L’ansia dell’attesa
L'escalation di violenza a nord di Israele non è mai sembrata così vicina. Nel frattempo Hezbollah si prepara all'imminente attacco.

BEIRUT - La quiete prima della tempesta. Il Libano sembra essere sull'orlo di un baratro profondo che potrebbe rigettare il Paese dei cedri in una guerra aperta con Israele. L’attacco missilistico contro il villaggio israeliano sulle alture del Golan, che ha provocato la morte di 12 tra bambini e adolescenti, non resterà impunito. E mentre guarda nel baratro il panico si sta diffondendo tra le strade di Beirut e delle maggiori città del paese. Arabia Saudita, Francia, Norvegia e Svezia hanno già esortato i loro cittadini a lasciare il paese il più in fretta possibile.

Una linea rossa - Dall'inizio della guerra a Gaza, dopo gli attacchi del 7 di ottobre da parte di Hamas, il timore per un'escalation di violenza a nord di Israele con la milizia sciita Hezbollah si è fatto, a fasi alterne, sempre più concreto. La strage di sabato sembra però aver varcato una linea rossa. Un passo che ha risvegliato un incubo sepolto dal 2006, data dell’ultima invasione israeliana in Libano.

Eppure qualcosa non torna. Contrariamente a quanto avvenuto in situazioni simili, Hezbollah non ha rivendicato l’attacco. Anzi, ha rifiutato categoricamente ogni responsabilità.  

«I residenti di Majdal Shams, che si trova a pochi chilometri dal Libano, sanno che la loro città rientra nel cerchio della sicurezza e nelle regole della guerra, e Hezbollah conosce anche la sua natura speciale e l'assenza di obiettivi militari all'interno della città», ha spiegato in una dichiarazione.

Hezbollah si prepara, Netanyahu studia la prossima mossa - La paura di un'escalation si rispecchia anche nella reazione del gruppo sciita che si sta preparando a un imminente attacco. Due responsabili della sicurezza hanno spiegato a Reuters di aver già evacuato diverse postazioni a ridosso del confine e lungo la Valle della Bekaa (dove si trova il quartier generale). 

Fatto sta che il premier israeliano Benjamin Netanyahu è chiamato a una risposta. La diplomazia si è già messa in moto per cercare di contenere la furia israeliana. Il ministro degli Esteri Abdallah Bou Habib ha chiesto agli Stati Uniti di intercedere per spingere Tel Aviv a un’azione moderata.

Ma non è tutto. Una guerra aperta tra Israele e Hezbollah ingloberebbe automaticamente anche l’Iran, principale sostenitore del Partito di Dio. Teheran ha dimostrato, con il lancio di dozzine di droni e missili in direzione dello Stato ebraico tra la sera di sabato 13 e la notte di domenica 14 aprile, un cambio di paradigma. Non è escluso che possa ripetersi. 

Il monito è già stato lanciato. L’Iran ha messo in guardia ieri Israele che una «nuova avventura in Libano con il pretesto dell'attacco di Majdal Shams» non resterà impunita.

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