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UCRAINAL'ultima grande battaglia per la conquista dell'Est dell'Ucraina

13.06.22 - 18:35
È quella che si sta combattendo in queste ore a Severodonetsk con le truppe ucraine in difficoltà e Mosca che incombe
AFP
L'ultima grande battaglia per la conquista dell'Est dell'Ucraina
È quella che si sta combattendo in queste ore a Severodonetsk con le truppe ucraine in difficoltà e Mosca che incombe

KIEV - Un fiume, un ponte e una fabbrica in cui sono asserragliati soldati e civili. Sono questi i tre elementi strategici chiave in quella che secondo molti è ormai diventata la battaglia che determinerà le sorti dell'Est dell'Ucraina. Borgo fluviale sul Siversky Donets, e gemella con la vicina Lisičansk, Severodonetsk è ormai da settimane teatro di scontri violentissimi.

Squassata dalle bombe come già lo fu Mariupol, vede le forze di difesa ucraine – alle prese tanto con l'esercito russo quanto con i connazionali filorussi – lottare alacremente per ostacolare un'avanzata che sembra ormai quasi ineluttabile.

«Stanno combattendo per ogni singolo metro di cemento», ha confermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Anche qui, come nella città meridionale, una parte dei difensori ha occupato un impianto industriale (quello chimico dell'Azot) e anche qui una sconfitta potrebbe portare a una rapida presa di tutta la regione.

Punto nevralgico di tutto il conflitto, e non potrebbe essere altrimenti, è il fiume. Gli approcci possibili delle forze di Mosca riguardo al corso d'acqua sono due: o tentare di solcarlo, con un'operazione rischiosa e con precedenti infelici, accerchiando gli ucraini oppure distruggerne i tre ponti che collegano la città all'ovest. Al momento il piano sembrerebbe piuttosto quest'ultimo, con tutti i ponti colpiti e distrutti dai bombardamenti.

Con un controllo della città pari al 70% le forze filorusse chiedono che i soldati ucraini si arrendano incondizionatamente: «Per loro le uniche opzioni sono la resa o la morte», ha dichiarato ai media il capo dell'esercito dell'autoproclamata repubblica di Donetsk Eduar Basurin, «per loro ormai è impossibile lasciare la città».

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