Lo ha stabilito oggi la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo
STRASBURGO / MOSCA - L'inchiesta dalle autorità russe sull'avvelenamento di Aleksey Navalny non è stata condotta come avrebbe dovuto. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani condannando Mosca a versare 40mila euro all'oppositore politico attualmente in prigione.
Il caso riguarda il rifiuto delle autorità russe di aprire un procedimento penale sul presunto avvelenamento di Aleksey Navalny nell'agosto del 2020. La Cedu ha condannato la Russia per la violazione del diritto alla vita sotto il profilo delle procedure seguite per far luce sull'accaduto.
«La Corte ha rilevato in particolare che l'inchiesta non è stata trasparente e non ha permesso a Navalny di partecipare al procedimento». Inoltre, evidenziano i togati di Strasburgo, le autorità non hanno tenuto conto delle accuse di un possibile movente politico per il tentato omicidio di Navalny, né del possibile coinvolgimento di agenti dello Stato. E non hanno dato seguito alla denuncia sull'uso di una sostanza, un agente chimico nervino del gruppo Novichok, identificata come arma chimica vietata dal diritto internazionale e nazionale.
«L'inchiesta non è stata in grado di portare all'accertamento dei fatti rilevanti e all'identificazione e, se del caso, alla punizione dei responsabili», indica la Corte di Strasburgo, concludendo che quindi «non può essere considerata adeguata».