«Il processo dividerebbe il paese», secondo l'ex vicepresidente Pence
WASHINGTON - Donald Trump verso la sua seconda incriminazione. I pubblici ministeri federali hanno notificato all'ex presidente degli Stati Uniti di essere l'obiettivo di un'indagine penale per la gestione delle carte segrete trovate a Mar-a-Lago. Una notifica che solitamente indica l'avvicinarsi della conclusione dell'inchiesta e un'incriminazione a stretto giro, forse nel giro di giorni.
L'ira di Trump non si fa attendere. «Nessuno mi ha detto che sarò incriminato. Non dovrei esserlo perché non ho fatto nulla di sbagliato. Da anni sono il target del Dipartimento di Giustizia e dell'Fbi», ha scritto l'ex presidente sulla sua rete sociale Truth scagliandosi così indirettamente contro Jack Smith, il procuratore speciale nominato dal ministro della giustizia Merrick Garland.
A Smith fanno capo le indagini su Trump, da quella sui documenti top secret trovati nella residenza in Florida del tycoon a quella sui suoi tentativi di interferire nel trasferimento pacifico del potere dopo le elezioni del 2020, culminati nell'assalto al Capitol dei suoi fan il 6 gennaio 2021.
Negli ultimi giorni le indicazioni su un'accelerazione dell'indagine sulle carte segrete si sono susseguite. Sono stati sentiti infatti due ex stretti collaboratori di Trump, l'ex capo dello staff Mark Meadows e l'ex portavoce Taylor Budowich.
I legali di Trump hanno incontrato Smith nel tentativo - secondo indiscrezioni - di convincerlo a non procedere con l'incriminazione. Ed è emerso che un secondo grand giurì a Miami, oltre a quello di Washington, si sta occupando del caso.
Tutti indizi che sembrano segnalare l'avvicinarsi della seconda incriminazione di Trump dopo quella del procuratore di Manhattan, Alvin Bragg, per il pagamento alla pornostar Stormy Daniels.
Mentre Trump ostenta pubblicamente sicurezza, dietro le quinte sta cercando di tessere la sua tela fra gli alleati del Partito repubblicano. Un compito non facile in piena campagna elettorale e con una decina di candidati conservatori pronti a cogliere l'occasione per azzopparlo.
Proprio la corsa al 2024 potrebbe subire un forte scossone nel caso di incriminazione, soprattutto considerato che al momento il tycoon non sembra intenzionato a fare alcun passo indietro nelle sue aspirazioni di tornare alla Casa Bianca.
La situazione di Trump potrebbe poi ulteriormente complicarsi in agosto, quando è atteso l'esito dell'inchiesta della Georgia sulle interferenze sul voto.
Pur ritenendo che Trump abbia «sbagliato tutto» sul 6 gennaio, Mike Pence - l'ex vicepresidente candidato alla Casa Bianca - ritiene che il tycoon non dovrebbe essere incriminato per la carte segrete a Mar-a-Lago. «Mi auguro che il Dipartimento di Giustizia risolva la questione senza un'incriminazione - ha detto Pence -. Invierebbe un segnale terribile al resto del mondo visto che siamo l'emblema della democrazia e il simbolo della giustizia nel mondo».