Dopo il fallimento al ballottaggio, all'interno del Rassemblement National è tempo di bilanci. E qualcuno parla già di guerre di successione
PARIGI - La "luna di miele" è già finita? Attorno a Jordan Bardella - rampollo dell'estrema destra transalpina e delfino di Marin Le Pen, che domenica sera ha dovuto riporre nell'armadio il completo già bello e pronto per esordire a l'Hôtel de Matignon - il clima sembra essersi ribaltato con quella repentinità che è tipica dei temporali estivi. Nei cieli come nelle urne. Sono le «prime scosse» - così le definisce Le Monde oggi - per colui che, in quanto presidente del Rassemblement National è, de facto, il primo "colpevole" per l'inatteso fallimento dei suoi al ballottaggio delle legislative francesi.
Marine Le Pen ha invocato la necessità, inevitabile, di «fare un bilancio su ciò che può essere migliorato» in ottica futura. Perché lo sguardo, è chiaro, è rivolto al bersaglio grosso delle presidenziali del 2027. E se, come lei stessa ha detto - solo poche ore dopo la chiusura dei seggi domenica sera - «la vittoria» per i suoi «è solo rinviata», è altresì vero che l'échec sorprendente rimediato dopo un primo turno che sembrava aver già scritto l'esito con inchiostro indelebile rappresenta per il mondo lepenista la più grande delle occasioni perse. Un mondo che i conti avrebbe già iniziato a farli.
E i punti di un ipotetico ordine del giorno corrispondono a quelli che il direttore del primo quotidiano francese, Jérôme Fenoglio, ha elencato nel suo editoriale all'indomani del voto, sottolineando che il Rassemblement National «resta un partito di estrema destra, la cui ideologia è intrisa di xenofobia». E il tentativo di «mascherare» questo fattore, con «anni di banalizzazioni», ha iniziato a «fare acqua ovunque durante questa campagna». Con candidati «antisemiti, razzisti e omofobi, per nulla preparati al ruolo che avrebbero voluto assumere». E con essi, un programma «fondato sulla discriminazione e il rifiuto di intere categorie della popolazione». Categorie, vale la pena ricordarlo, che votano. In altre parole: strategia fallimentare e candidati inadeguati.
Per ora, a farne le spese è stato Gilles Pennelle, direttore generale del partito di Le Pen e "padre" del cosiddetto "piano Matignon", che ieri ha preannunciato (e oggi, rassegnato) le proprie dimissioni. Ma dentro all'ex Front National, scrive Politico, si va oltre e già si vocifera di "rese dei conti" e ipotetiche «guerre di successione», che potrebbero così «strappare» il «biglietto vincente» dell'estrema destra francese. Tra gli insiders consultati dal quotidiano c'è chi, riportando le considerazioni di una parte dei cittadini, sottolinea che Jordan Bardella avrebbe «migliori possibilità» di vincere l'elezione all'Eliseo rispetto a Marine Le Pen. Motivo per cui, ha aggiunto, «dobbiamo fare attenzione». Perché, secondo molti, la vera domanda in merito a un sorpasso del giovane rampollo sulla sua mentore non va posta utilizzando il se, ma il quando.