A livello di mercato, solo alcune grandi aziende stanno reggendo il colpo. Le piccole realtà si sentono tradite
LONDRA - Un anno di Brexit, un anno di perdite. La metà di tutte le persone che avevano votato a favore dell'uscita del Regno Unito dall'Europa, oggi si ricredono. Ma non si torna indietro, il Governo invita cittadini e aziende a resistere. Gli economisti però restano pessimisti.
La decisione era stata votata dal popolo nel 2016. Il 52% degli elettori si era detto a favore dell'uscita, mentre il restante 48% si era proclamato contrario. I primi però, gli euroscettici, dopo un anno di Brexit, non sono molto o per nulla soddisfatti da come sta andando.
Metà di loro, ha riportato un sondaggio di Opinium pubblicato dall'Observer, ha dichiarato che le ripercussioni sono state negative e solo il 14% ha dichiarato di essere contento e che la Brexit sta andando meglio del previsto. I filo-europei continuano a pensare che il Regno Unito non avrebbe dovuto sciogliere i suoi legami con Bruxelles. Quasi il 90% tra questi ha anzi affermato che è ben peggio di quanto si sarebbe aspettato.
Manca il cibo, mancano i lavoratori, l'effetto che la Brexit avrebbe dovuto avere sulla migrazione si è rivelato un flop e secondo gli economisti il reddito pro capite dei britannici che dal primo gennaio 2021 non sono più europei è destinato a diminuire.
A livello politico, inizia a farsi strada l'idea, con David Frost, segretario di Stato a capo dei negoziati per la Brexit, che ha lasciato il numero 10 di Downing Street, che il premier Boris Johnson non abbia davvero un piano preciso su come gestire l'uscita del Regno Unito dall'Europa. Dal governo ciò che arriva alla popolazione è solo un invito alla calma e alla resistenza e l'idea che è ancora presto per dire che le conseguenze dell'uscita siano nefaste.
Le esportazioni di merci sono diminuite del 14% nel terzo trimestre del 2021. E la sofferenza delle aziende britanniche non si è fatta sentire solo nelle spedizioni verso l'Europa, ma anche verso l'Extra Europa. E il prossimo anno la situazione potrebbe ancora aggravarsi, perché dal primo gennaio entreranno in vigore ulteriori restrizioni sulle importazioni dall'Unione europea, che secondo i leader aziendali, riporta il Guardian, porteranno a ulteriori cali e ritardi.
A soffrire di più in questo momento sono i settori dell'abbigliamento e del cibo e le piccole realtà economiche. Questo è da ricondurre soprattutto agli elevati costi di spedizione e le pratiche burocratiche a cui solo alcune grandi aziende sono riuscite ad adattarsi. Il turismo e i trasporti sono a corto di personale. Agricoltori e pescatori si sentono traditi.
Dal think tank Center for European Reform arrivano dati che mostrano come per i migranti il fatto che il Regno Unito non faccia più parte dell'Europa ha reso più attraente, quindi non meno, per loro arrivare fin lassù. In molti hanno affermato che raggiungere le coste britanniche vuol dire restare, perché il governo Johnson non ha modo di farli trasferire in Paesi appartenenti all'Europa.