La Bce smorza gli entusiasmi dei mercati e potrebbe rivedere al rialzo le nuove stime sull'andamento dei prezzi nei prossimi tre anni.
FRANCOFORTE - L'inflazione sarà anche in calo da tre mesi consecutivi in Europa, ma la Bce potrebbe rivedere al rialzo le nuove stime sull'andamento dei prezzi nei prossimi tre anni. Un'ipotesi che ha fatto balzare fino al 3,75% il tasso d'interesse massimo che Francoforte raggiungerà nelle aspettative degli investitori, facendo brevemente impennare il rendimento del Btp e finendo per indebolire le Borse.
Sono bastate poche parole di Isabel Schnabel, membro tedesco del Direttorio, a far tornare il nervosismo nei mercati, assieme ai timori per un'intonazione più aggressiva da parte della Federal Reserve. «I mercati - ha avvertito l'economista tedesca non ritenuta un 'falco' - ritengono che l'inflazione scenderà molto rapidamente verso il 2% e che rimarrà lì, mentre l'economia andrà benissimo».
«Questo sarebbe un ottimo risultato, ma c'è il rischio che l'inflazione si riveli molto più consistente di quanto attualmente valutato dai mercati finanziari». Per questo, ha aggiunto, «siamo ancora lontani dal poter cantare vittoria» e «potremmo dover agire con più forza». Ecco quindi che «un rialzo dei tassi di 50 punti base» per il mese di marzo «è necessario, praticamente - ha spiegato - in base a tutti gli scenari plausibili al fine di riportare l'inflazione al 2%».
Nelle sale trading e fra gli analisti si è diffuso in un attimo il ragionamento più ovvio: l'esponente del Comitato esecutivo sta dicendo fra le righe che a marzo, quando diffonderà le nuove previsioni trimestrali, la Bce rivedrà al rialzo l'inflazione di medio termine.
Con una ricaduta immediata: di fronte a un'inflazione che è sì in calo in Europa, ma pur sempre all'8,5% a gennaio, ritenere che i prezzi continueranno a correre nei prossimi tre anni ben oltre il target del 2% (le 'vecchie' previsioni di dicembre la davano al 3,4% e 2,3% nel 2024 e 2025) significa dover alzare maggiormente i tassi.
E così gli investitori hanno portato al 3,75% la stima sul tasso massimo che la Bce raggiungerà, da 3,4% di poche settimane fa. Ancora tanta strada da fare, insomma, rispetto a un livello attuale del 2,5% che il 16 marzo salirà (come sembra ormai certo) al 3%.
In pratica, Schnabel ha disfatto in poche parole l'invito a procedere «a piccoli passi», dopo la stretta di marzo, inviato da Londra dal membro 'colomba' del comitato esecutivo, l'italiano Fabio Panetta, che aveva ipotizzato un'inflazione sotto il 3% già a fine 2023.
Il risultato è che nelle Borse si è spento ogni entusiasmo: -0,33% a Francoforte, -0,25% a Parigi, -0,37% Milano. Impatto più pesante sui bond, dove il Bund tedesco ha brevemente sfiorato i massimi di rendimento dal 2011, il Btp ha strappato (+8 centesimi) fino al 4,41% con uno spread a 190 prima che entrambi i valori si sgonfiassero, in chiusura, a 4,288% e 185 rispettivamente.
A riportare la calma è stato il governatore francese e membro del Consiglio Bce Francois Villeroy de Galhau: «È ancora presto per dichiarare vittoria sull'inflazione», ma rallentando i rialzi dei tassi dopo marzo (si pensa a rialzi da 0,25 punti) la Bce avrà raggiunto il 'picco' entro settembre per poi mantenere tale livello fino a tutto il 2024. Concentrandosi così sulla durata della stretta anziché continuare ad alzare.
Se Panetta aveva insistito sulla prudenza di fronte a tante incertezze, forte del sostegno dei governatori 'colomba' di Cipro, Malta, Grecia, Portogallo e in qualche misura Spagna e del capo economista Philip Lane, i 'falchi' appaiono oggi più numerosi e hanno argomenti. I decenni passati della disinflazione grazie alla globalizzazione rampante sembrano un ricordo fra le attuali tensioni geopolitiche.
I dati della prossima settimana - come il Pmi composito dell'area euro (martedì) e l'indice Ifo (mercoledì) puntano a un ulteriore miglioramento, l'inflazione di fondo (senza energia e alimentari) è record in Europa, in Italia accelera al 6% e negli Usa minaccia altrettanto. Numeri "robusti" - secondo una nota di Unicredit agli investitori - che «seminano dubbi fra gli investitori su quale sarà il picco dei tassi d'interesse».