Circa 60 marchi hanno già confermato la loro presenza
GINEVRA - Ora è confermato: dopo due anni di assenza il Salone dell'automobile di Ginevra farà il suo ritorno sulle rive del Lemano nel febbraio del prossimo anno, in versione ridotta e in un quadro generale ancora «fragile e incerto», afferma il direttore generale Sandro Mesquita.
Lunedì la fondazione Geneva International Motor Show (GIMS) ha dato il via libera alla tenuta della manifestazione, ha spiegato Mesquita in un'intervista pubblicata oggi dal periodico economico romando L'Agefi. Una decisione «coraggiosa», visto il contesto attuale, ha aggiunto. Da un lato c'è la situazione sanitaria tuttora tesa e dall'altro i problemi dell'industria automobilistica, alle prese per esempio con la carenza di semiconduttori, che sta mettendo sotto pressione la consegna e la produzione di nuovi veicoli.
Circa 60 marchi hanno già confermato la loro presenza al Salone, tra cui Audi, Renault, Skoda, Seat e KIA, i marchi di prestigio Bugatti, Rimac e Koenigsegg, così come nuovi attori della mobilità elettrica urbana, quali la società svizzera Softcar, la tedesca E.go e la francese Hopium. Ma il numero di partecipanti della prossima edizione, che si terrà dal 19 al 27 febbraio 2022, è molto lontano dai 160 espositori che avevano preso parte all'ultimo salone pre-pandemico, con alcuni grandi assenti, tra cui Ferrari e Stellantis, proprietario dei marchi Peugeot, Citroën, Opel, Fiat, Alfa Romeo e Maserati. Nel gruppo Volkswagen mancheranno due filiali, Bentley e Lamborghini, ha aggiunto Mesquita.
Secondo il direttore era inconcepibile sacrificare una terza edizione, dopo quelle del 2020 e del 2021. «Avremmo rischiato di perdere la nostra reputazione e forse anche di compromettere quella prevista per il 2023». Per accelerare la rinascita gli organizzatori hanno unito le forze con l'ente di promozione turistica del Qatar, con il quale intendono creare un nuovo salone dell'automobile di fama internazionale per il Medio Oriente, in agenda nell'ottobre o nel novembre del 2023. «Non credo che si debba tappare il naso quando si firma un accordo con un paese del Medio Oriente: se avessi trovato un partner svizzero, ne sarei stato felice, ma non è stato così», ha osservato Mesquita.