Ne dà notizia la Banca Nazionale Svizzera, annunciando un trend trainato dalle società finanziarie e holding
BERNA - Le società con sede in Svizzera nel 2020 hanno rimpatriato dalle affiliate all'estero più fondi di quanti ve ne abbiano investiti: l'afflusso netto è ammontato a 34 miliardi di franchi, a fronte dei 55 miliardi l'anno prima.
Stando ai dati resi noti oggi dalla Banca nazionale svizzera (BNS) i disinvestimenti sono da ricondurre principalmente alle società finanziarie e holding, che hanno ritirato 53 miliardi di franchi, in particolare riducendo le rispettive partecipazioni nel contesto di ristrutturazioni in seno ai gruppi societari.
I disinvestimenti da Lussemburgo, Irlanda e Paesi Bassi sono ammontati a 49 miliardi di franchi; ulteriori 42 miliardi di franchi sono stati ritirati da Cipro e 27 miliardi dai centri finanziari offshore dell'America centrale e meridionale. Per contro, sono aumentati gli investimenti diretti netti operati dalle imprese in altri comparti: nel settore dei servizi perlopiù da parte di aziende dei rami del commercio (12 miliardi) nonché della chimica e materie plastiche (pure 12 miliardi).
A causa dell'impatto della pandemia da coronavirus i redditi da investimenti diretti all'estero sono diminuiti del 27% rispetto all'anno precedente, scendendo a 77 miliardi di franchi. La contrazione ha interessato sia le affiliate appartenenti al settore dei servizi (-22 miliardi a 41 miliardi) che le ditte dell'industria (-6 miliardi a 36 miliari).
Sul fronte opposto - quello degli investimenti diretti esteri in Svizzera - anche nel 2020 si è registrato in un rimpatrio netto di fondi, pari a 153 miliardi di franchi, che fanno seguito ai 105 miliardi del 2019 e agli 82 miliardi del 2018. Pure in questo caso i movimenti hanno interessato soprattutto le società finanziarie e holding (165 miliardi). Le imprese di altro tipo hanno per contro in generale registrato afflussi.
Le consistenze degli investimenti diretti esteri in Svizzera sono ammontate a 1'216 miliardi di franchi. Il 73% proveniva da investitori dell'UE e il 13% dagli Stati Uniti, una ripartizione falsata però dalle imprese intermedie: la BNS pubblica per questo motivo anche una scomposizione alternativa basata sul paese dell'ultimo investitore, che vede gli Usa salire al 47% e l'Ue scendere al 29%.