Primo problema è già capire come rispondere alla lettera dell'avvocato dell'azienda cinese. L'allarme: «Un vuoto giuridico devastante».
BERNA - La scorsa primavera i dettaglianti svizzeri, rappresentati dalla Swiss Retail Federation e dalla Handelsverband, avevano deciso di presentare una denuncia alla SECO per concorrenza sleale, nei confronti della piattaforma di e-shopping cinese Temu.
Come riportato dalla Aargauer Zeitung, l'accusa dei rivenditori elvetici era che il colosso con sede nella Repubblica popolare potesse commerciare i suoi beni sottoprezzo (permettendo di pagare anche con Twint) e tutto senza pagare nessuna tassa.
La mossa dei dettaglianti rossocrociati, anche un po' a sorpresa, ha sortito l'effetto sperato: ovvero Temu si è fatta sentire, con una lettera firmata dai suoi avvocati, in cui si dice aperta a trattare - piegandosi ad alcune condizioni del mercato elvetico - ma solo se la denuncia verrà ritirata.
A lasciare perplessa la parte querelante c'è però una questione non marginale: è praticamente impossibile anche solo rispondere a questa lettera.
Non solo non è indicato un indirizzo, ma non è nemmeno chiaro a quale sedi giuridiche della compagnia sia necessario fare riferimento. Shanghai? Dublino, dove Temu ha la sua sede europea? Basilea, dove la società ha un servizio di recupero crediti?
«Un modus operandi di questo tipo è molto inusuale e rende praticamente impossibile una negoziazione seria», commenta Dagmar Jenni, direttrice della Swiss Retail Federation.
Un problema, questo, che potrebbe presentarsi anche al momento in cui la Confederazione dovesse attivarsi per risolvere la vertenza. Sempre stando al quotidiano argoviese, Berna ha confermato di volersi attivare per mediare sulla questione direttamente con Temu.
In caso dovesse decidere di fare la voce grossa si troverebbe di fronte allo stesso dilemma di cui sopra: presso quale sede e tribunale dovrebbe farsi valere? In Cina, Irlanda o Svizzera?
«È un vuoto giuridico frustrante», aggiunge Jenni, «che permette all'azienda cinese di comportarsi in questo modo ignorando qualsiasi basilare regola della concorrenza, è un segnale devastante e un possibile precedente preoccupante per altri che volessero emularla».
Il fatto che Temu voli deliberatamente sotto il radar legale è motivo di preoccupazione anche per la politica. Sono diversi i parlamentari che chiedono un approccio più chiaro e rigido nei confronti delle piattaforme online multinazionali.
Ad esempio, la consigliera nazionale dei Verdi Sophie Michaud Gigon questo giugno ha presentato una mozione a riguardo. Secondo il testo, i grandi rivenditori online con sede in un Paese terzo dovrebbero essere obbligati a nominare un rappresentante legale in Svizzera.