Ultra 50enni più richiesti dai reclutatori per gli impieghi di alto profilo. E la tendenza alla riassunzione è di ogni cinque-sei anni
LUGANO - «Non ho più l'età», un modo di dire che, nel mondo del lavoro, andrà sempre più scomparendo. Almeno secondo quanto ci suggerisce la nuova tendenza in arrivo dagli Stati Uniti, dove gli ultra cinquantenni - i così detti "longennials" - rappresentano il nuovo oggetto del desiderio delle aziende. Lo chiamano "re-hiring", cioè riassumere lavoratori "senior" che vantano un know-how di conoscenze più che consolidato. Ma alla base di questo nuovo trend ci sarebbe dell'altro: i giovani di oggi, specie dopo due anni di pandemia e lockdown, sarebbero attualmente meno decisi a sacrificare il proprio tempo libero.
In Ticino, over50 «più esperti e determinati» - Ci chiediamo quindi se anche in Ticino, come negli Stati Uniti, ci possa già essere più interesse per l'usato sicuro garantito dai più anziani. «Le nostre ultime quattro assunzioni - spiega Filippo Colombara, CEO di Work & Work SA - sono state proprio di lavoratori over 50: tre profili nell’ambito del commerciale e uno nell'amministrativo. Sono stati scelti per l'altissima motivazione, data dal fatto che questi lavoratori esperti conoscono il mercato del lavoro e, se ci sono buone condizioni retributive e ambientali, fanno di tutto per non farsi scappare l'opportunità».
Aziende orientate alle riassunzioni per impieghi altamente qualificati - Esperienza che i più giovani evidentemente non possono vantare. «Le imprese che cercano assunzioni in "permanent placement" (posizioni lavorative a lungo termine rivolte a candidati specializzati, ndr) in passato storcevano il naso nell'ipotizzare l'assunzione di "senior" ma oggi non è più così. Anche perché un lavoratore, in questa fascia di età, oggi ha davanti a sé altri 15 anni di lavoro». Non più posto fisso a vita dunque e sì al re-hiring. «Oggi il lavoratore che decide di uscire dalla propria comfort zone, per ricercare crescita professionale, tende mediamente a cambiare impiego ogni cinque-sei anni».
Il sindacato: «Nuovo concetto di concepire il lavoro» - È forse lecito chiedersi se il nuovo appeal dei lavoratori più anziani possa essere collegato a una minore propensione dei giovani al lavoro. «No, questo è un modo di dire che si ripete per ogni nuova generazione - spiega Benedetta Rigotti, responsabile della Comunicazione di OCST - non esiste una generazione di fannulloni. Oggi possiamo dire piuttosto che c'è un nuovo concetto di concepire il lavoro tra i giovani, per i quali ora è importante anche il tempo speso per la famiglia, e questo lo riscontriamo anche nei maschi. Si cerca un impiego a tempo parziale, ad esempio all'80%, anche per potersi dedicare al volontariato, allo sport e all'impegno nella comunità».
Elementi strutturali e previsioni - Ci sono elementi strutturali, all'interno del mercato del lavoro, che possano far pensare a una presenza sempre più marcata di lavoratori senior? «Se proprio devo pensare a un indizio in tal senso - aggiunge Benedetta Rigotti - bé penso alla recente riforma dell'Avs, che invoglia a lavorare anche dopo il raggiungimento dell'età pensionabile. Ma non solo. La famosa piramide demografica di cui spesso si parla, oggi, più che a una piramide, somiglia a un rombo, dove entrano meno lavoratori rispetto a quelli che escono. Da qui deriva l'attuale mancanza di personale qualificato».
No ai "longennials" per impieghi interinali - Il ricorso ai longennials vale però solo per gli impieghi a tempo indeterminato e altamente qualificato. «La LPP ha aliquote crescenti, che rendono il lavoratore anziano più costoso rispetto al giovane - spiega ancora la responsabile della Comunicazione di OCST. E ancora: difficile vedere pensionati rientrare in ufficio, visto che «il nostro sistema pensionistico è ben strutturato».