A colloquio con il ceo di Mosa Meat, start-up olandese che produce hamburger in laboratorio e vuole arrivare al mercato di massa. Bell ci ha scommesso: e voi?
LUGANO/AMSTERDAM - Una bella grigliata, come in ogni primo agosto - e non solo - che si rispetti. Ma se un giorno dovessimo mettere sul barbecue, invece della carne macellata, quella prodotta in laboratorio? Carne "coltivata", oppure "pulita", "sintetica", "artificiale", "in vitro", secondo le definizioni che si inventano e moltiplicano per definire qualcosa su cui, alla metà di questo mese, ha scommesso Bell, investendo due milioni nella start-up olandese Mosa Meat: la prima a produrre, nel 2013, un hamburger ricavato per moltiplicazione cellulare, che sul mercato di massa dovrebbe arrivare nel 2021. Manzo macinato, all'inizio, ma in futuro ci sarà spazio anche per le bistecche, assicura il ceo Peter Verstrate, tecnico alimentare. «Da dove arriva l'intuizione? - racconta a tio.ch/20minuti di ritorno da un viaggio negli Usa - Il governo olandese finanziava un progetto chiamato "In Vitro Meat Project". L'idea ci ha entusiasmato. Abbiamo continuato a fare ricerca anche quando le sovvenzioni statali sono finite. Siamo stati abbastanza fortunati da essere contattati da Sergey Brin, il co-fondatore di Google, che ha finanziato gli studi e il nostro primo hamburger. Ma il supporto è stato enorme da ogni parte del mondo. Questo ci ha motivati ad arrivare fino a qui».
Peter, sia sincero: mai pensato che l'idea fosse un po' folle?
«Sotto un certo aspetto, l'idea di far crescere la carne partendo dalle cellule può suonare folle. Ma il processo biologico è lo stesso, solo che avviene fuori dall'animale».
«Lavoriamo per mettere in commercio carne pulita e portarla al mercato di massa». Mercato di massa: non vi sembra di essere un po' troppo ambiziosi?
«Noi crediamo che la carne pulita arriverà al mercato di massa. A confronto con la carne tradizionale, ha molti vantaggi, in termini di benessere degli animali e di rispetto dell'ambiente. Il consumatore li apprezzerà. Inoltre, un processo di produzione più efficiente porterà a un prodotto più economico. E quando un prodotto non è caro e al contempo vanta molti benefici, finisce per riscuotere parecchio appeal».
Ma il mondo è davvero pronto? E se, al momento buono, facesse un passo indietro?
«No, c'è tanto entusiasmo e sono convinto che si formeranno code per provare la prima carne coltivata. Già ora riceviamo molte richieste d'assaggio, ogni giorno. Le indagini dicono che almeno il 20% dei consumatori, e fino a un massimo del 90%, vuole mangiare carne coltivata. Un grande mercato, per essere degli esordienti, no?».
Può darsi, ma se chi oggi ama la carne "vera" dovesse poi rimanerne deluso?
«Potrà esserci una minoranza che troverà buona solo la carne che viene da animali vivi, non lo escludo. Ma molti di più preferiranno invece mangiare carne che non è dannosa per l'ambiente o per gli animali. Ne siamo persuasi».
Anche i vegetariani? Puntate a conquistare anche loro, a far cambiare qualche idea?
«Sì. La maggior parte dei vegetariani è scettica non verso la carne in sé, ma per vie dei problemi etici associati alla produzione. Poiché la carne coltivata non richiede la macellazione degli animali, alcuni vegetariani la troveranno accettabile. Detto questo, il nostro reale obiettivo è raggiungere la maggioranza delle persone; quelle che la carne la mangiano tranquillamente».
E il gusto? Voglio dire, anche fra la carne macellata c'è carne e carne, per esempio a seconda di come viene alimentato l'animale: nei pascoli di montagna o al chiuso delle stalle.
«Dal punto di vista molecolare, la carne pulita sarà uguale alla carne macinata che oggi si trova nei supermercati e avrà lo stesso sapore. Potranno esserci piccole variazioni, ad esempio legate alle diverse razze o al contenuto di grassi. Decisioni in tal senso non sono ancora state prese. È probabile saranno adattate alla domanda dei consumatori».
Quindi anche in laboratorio è possibile "nutrire" la carne, e in questo modo realizzare differenti sapori?
«Certo, alimenteremo le cellule con nutrienti e fattori di crescita naturali».
Peter, quanto tempo vi serve per fare un hamburger?
«Dieci settimane. Ma questo non vuol dire che non potremo produrre su scala industriale. Dieci settimane per produrne uno, ma per produrne 100mila ne serviranno 12. Per allevare una bestia da macello, che dà circa 2mila hamburger, ci vogliono 18 mesi. In teoria, da un grammo di muscolo potremo produrre 10 tonnellate di carne: il fattore di moltiplicazione è pari a 10 milioni. Tradotto in numero di bestie, significa che con 150 mucche potremo soddisfare tutto il fabbisogno mondiale di carne. Oggi, invece, sul nostro pianeta ce ne sono un miliardo e mezzo».
Quanti hamburger aspirate a fare dunque, a regime?
«Nel 2021 avremo una fabbrica che potrà produrre carne per diversi ristoranti».
Solo hamburger o anche bistecche?
«Attualmente ci concentriamo sui prodotti a base di carne macinata, che rappresentano il 50% del mercato totale. La produzione di una struttura di tessuto 3D più ampia e complessa, come una bistecca, è una sfida per la scienza. Ci stiamo lavorando. Siamo ancora lontani, ma credo che ci riusciremo».
Il consumatore saprà sempre quello che sta comprando?
«I prodotti saranno chiaramente etichettati in modo che i consumatori possano fare scelte informate».
Beh, il primo hamburger è stato un po' costoso, non trova? Potrebbe essere un problema. Lo sarà?
«È vero, è costato 330mila dollari. Ma era una scienza nuova e producevamo su una scala davvero piccola. In tutte le nuove tecnologie, vedi i computer, il primo prodotto è costoso, ma il prezzo poi scende rapidamente. Ora siamo a circa 10 dollari per hambrurger. Ci aspettiamo di diventare competitivi nel giro di 5-7 anni».
Come farete per abbattere i costi?
«Ridimensionando il processo di produzione e migliorando l'efficienza. In particolare, ci concentreremo sulla densità delle cellule».
La gente ne pagherà il prezzo?
«Per essere competitivo, un prodotto deve avere lo stesso prezzo, se non un prezzo più basso di quello che già esiste».
Un altro grosso problema è l'industria. Non avrà preso benissimo il vostro arrivo. Che si fa?
«Infatti. Alcune delle più grandi compagnie di carne del mondo - Bell, Tyson, Cargill - stanno investendo nelle carne coltivata. Puntiamo a collaborare con aziende farmaceutiche affermate. È questo il modo più veloce per avanzare».
E gli allevatori? Ci preoccupiamo tanto delle bestie, ma della gente che non avrà più un lavoro chi si cura?
«La carne coltivata cambierà il modo in cui è organizzata la produzione di carne e molto probabilmente renderà obsolete alcune funzioni nel mondo agricolo. Ciò non accadrà subito, ci sarà un po' di tempo per portare a termine la transizione. In quel mentre, chi oggi lavora con il bestiame potrebbe pensare di riposizionarsi sfruttando le nuove opportunità che saranno offerte. Per esempio, potrà produrre mangimi per le cellule: un nuovo, enorme mercato che si apre».
Finora avete puntato solo sul manzo. Perché?
«Possiamo fare carne coltivata da qualsiasi animale che abbia cellule staminali muscolari specifiche. Mammiferi, uccelli, pesci. Abbiamo deciso di concentrarci solo su una tipologia, inizialmente, e abbiamo scelto i bovini perché sono quelli che hanno il maggiore impatto sull'ambiente. Solo il 15% di ciò che mangiano si trasforma in carne, i maiali invece sono due volte più efficienti e i polli quattro. Inoltre, i bovini generano la maggior parte delle emissioni di gas serra. In futuro, però, lavoreremo su altre specie: se è vero che milioni di mucche vengono massacrate ogni anno, è vero anche che vengono uccisi ancora più polli e maiali».
Un'ultima domanda. Fare il bene dell'ambiente, ma il nostro dove sta? Non ci avevano detto che la carne fa male?
«Se la risposta del pubblico sarà positiva, saremo in grado di produrre carne più salutare. E questo senza modifiche genetiche. La cosa più semplice sarà ridurre la quantità di grassi, ma anche stimolare la produzione di grassi buoni, gli omega 3. Il principio è lo stesso di quello per cui una mucca che pascola ha meno acidi grassi polinsaturi rispetto a quella allevata. Tutto ciò potrà avere benefici sul livello di colesterolo e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Quanto al cancro del colon-retto, il cui rischio è associato al consumo di carne, la causa non è stata ancora inequivocabilmente identificata. Quando accadrà, potremo concentrarci anche su questo».