“Antonio Scalonesi, Memoriale di un anomalo omicida seriale” scritto da Davide Buzzi è frutto di 10 anni di lavoro
LUGANO - Quando la voce narrante è un killer... davvero esistito, è questo il singolare approccio scelto dallo scrittore ticinese Davide Buzzi per il suo romanzo dedicato alla figura di Antonio Scalonesi e titolato “Antonio Scalonesi - Memoriale di un anomalo omicida seriale”.
Un lavoro, il suo, certosino e lunghissimo: «Ci ho messo quasi dieci anni a scriverlo, volevo che fosse davvero perfetto».
Come è nata l'idea alla base del tuo romanzo?
Una ventina di anni fa, quando ancora ero una Guardia di Confine, mi è successo qualche volta di eseguire dei fermi abbastanza impegnativi, come in effetti capita spesso a chi svolge una professione del genere. Un paio di quei casi mi avevano particolarmente toccato, uno in particolare a Basilea, quando mi capitò di fermare un personaggio pluriricercato per rapina a mano armata e crimini diversi contro le persone.
Dopo averlo ammanettato gli avevo chiesto se per caso portasse avesse armi con se o a bordo della sua auto. Non fu tanto la sua risposta a colpirmi, ma piuttosto il tono: affermò semplicemente che se fosse stato armato non si sarebbe certo fatto arrestare.
Il senso era chiaro, se lui avesse avuto con se un’arma io e i miei colleghi probabilmente saremmo morti. Non era una questione personale, semplicemente per questo uomo sparare a un altro essere umano era una questione senza importanza.
Un secondo caso fu il fermo di un rapinatore al valico di Stabio. In quell’occasione rimasi impressionato dal modo di mentire spudorato di questo personaggio, dalla sua abilità nel mescolare le carte per arrivare a incantare chi stava dall’altra parte.
Questi due personaggi, sebbene li abbia potuti avvicinare solo per poco tempo, hanno contribuito in modo importante nell’abbozzo del carattere di Scalonesi, che poi un po’ alla volta è andato a profilarsi autonomamente.
Con il tempo queste vicende, hanno continuato a ritornarmi in mente. Così ho deciso di approfondire il tema legato alla mentalità criminale, leggendo diversi libri sulla questione, biografie di delinquenti, truffatori e altro ancora, fino a che ho iniziato a scoprire il mondo oscuro dei serial killer. È stato a quel punto che ho cominciato a pensare a una storia da scrivere. Un poco alla volta il Memoriale ha preso forma, fino a diventare un romanzo di trecento pagine.
Perché questo interesse per un serial killer?
Il mio interesse per questo genere di storie deriva dal fatto che vorrei riuscire a comprendere perché ci siano persone che, magari perché stanno attraversando situazioni difficili, si facciano travolgere dagli eventi fino ad arrivare a commettere addirittura azioni irreparabili.
Anche se poi credo che la questione sia ancora più complicata, in quanto sono convinto che in alcune persone certe tare siano presenti fin d alla nascita e spesso già solo l’ambiente famigliare e sociale in cui vivono possa far si che queste vengano a galla, spesso con esiti drammatici.
Anche l'impostazione è particolare, la vuoi spiegare brevemente ai nostri lettori?
Per prima cosa, credo sia importante dire che stiamo parlando di un romanzo di genere spoof, ovvero di un racconto che mescola realtà e finzione fino a trasformare il tutto in una nuova verità. In questo caso si tratta di una vera e propria (auto) biografia, che racconta le gesta di uno spietato serial killer, combinando fatti realmente accaduti con altri completamente inventati. Una grande bugia ma talmente reale da apparire vera in tutto e per tutto.
Per far sì che tutta la costruzione potesse funzionare, è stato fondamentale il contributo di diversi specialisti, fra i quali l’ex capo della polizia scientifica del Cantone Ticino Emilio Scossa Baggi, lo psichiatra Orlando Del Don, gli avvocati Amanda Rueckert e Giovanni Martines (già difensore di Bernarrdo Provenzano durante il processo per l'omicidio di Mario Francese), un armaiolo, giornalisti, ecc.
Qual è stata la sfida più grande nel scriverlo?
Ho impiegato circa dieci anni per scrivere questo racconto, in quanto volevo riuscire a raggiungere la perfezione, cosa obiettivamente impossibile, soprattutto per un aspirante scrittore al suo primo romanzo. Indubbiamente la sfida più grande è stata quella. Ma anche la caratterizzazione di Antonio Scalonesi mi ha dato molto lavoro.
Volevo che nel personaggio apparisse evidente fin da subito la sua mancanza di empatia ma che nel contempo che non apparisse antipatico, in quanto era importante che i lettori potessero riconoscersi in lui in qualche modo, per arrivare poi a condividere il suo modo di pensare e, in un certo senso, stare dalla sua parte. Spero di esserci riuscito.
Poco dopo la pubblicazione del tuo romanzo ci siamo ritrovati tutti in pieno coronavirus…
Sì, è stato davvero un brutto guaio. Il romanzo è uscito nelle librerie italiane e ticinesi il 17 febbraio. Un mese dopo eravamo tutti in lockdown e conseguentemente al pubblico non era più permesso accedere ai negozi, librerie comprese.
Questo fatto ha provocato un blocco totale del mercato editoriale e contemporaneamente l’accumulo di libri nei magazzini. Alla fine a trovarsi avvantaggiate sono state le piattaforme di vendita come Amazon o IBS e soprattutto la vendita di ebook, i quali però alle case editoriali non fruttano praticamente nulla.
Fosse stato possibile prevederlo, o se la pubblicazione fosse stata prevista magari un mese più tardi, la casa editrice – 96, rue de-La-Fontaine Edizioni – avrebbe potuto sospendere la pubblicazione in attesa di un periodo migliore. Ma così non è stato.
Questo fatto influenzato negativamente la tua promozione del libro?
Il lockdown certamente ha reso più complicato tutto, in quanto la promozione che già era in corso in parte è stata vanificata per via che il romanzo non era facilmente reperibile per via delle librerie chiuse. E si sa che se la gente vede qualcosa di interessante che vorrebbe magari acquistare, spesso lo vuole reperire all’istante e se questo non è possibile il giorno dopo è già troppo tardi. Ma ormai è andata così.
Inutile recriminare.
Per promuovere il romanzo avete girato un vero e proprio cortometraggio...
Il book trailer (un cortometraggio della durata di cinque minuti) lo abbiamo girato lo scorso mese di febbraio sul Passo del Lucomagno, durante una tormenta. Una giornata freddissima con la temperatura ben oltre i 10 gradi sotto zero e un vento talmente gelido che la temperatura percepita era ancora più bassa.
Abbiamo usato un drone e cinque telecamere. Devo davvero ringraziare tutta la squadra della Minds Production, il regista Elia Andrioletti e agli attori, che malgrado le condizioni davvero proibitive nelle quali ci siamo ritrovati a lavorare hanno saputo interpretare alla perfezione il mio racconto e a realizzare il video esattamente come lo avevo immaginato.
In verità il film non racconta una scena del libro, ma è un capitolo extra, che volutamente è stato tralasciato nel romanzo proprio per essere realizzato sotto forma di cortometraggio. Si tratta di un lavoro davvero unico, che vuole essere diverso da ogni altra produzione simile. Cinque minuti di brivido allo stato puro con la voce narrante del collega scrittore Duilio Parietti.