Il già conduttore della kermesse ricorda i pericoli del Covid-19 e suggerisce di puntare su idee e creatività
ROMA - Piero Chiambretti conosce benissimo il Festival di Sanremo, per averne fatti «due e mezzo» e per aver partecipato al dopo Festival (senza dimenticare varie incursioni all'Ariston). Per questo motivo il Corriere l'ha interpellato per conoscere il suo punto di vista sulla questione dei protocolli Covid e la possibilità che la kermesse si tenga senza pubblico. Un'eventualità che prima il conduttore e direttore artistico Amadeus ha escluso, dicendosi pronto a fare un passo indietro, e che poi ha accettato - rimettendosi alle decisioni della Rai e del Comitato tecnico scientifico italiano.
«Capisco gli organizzatori e i conduttori: il pubblico dà energia. Ma se da un lato do totale solidarietà al Festival, dall’altro ci sono riflessioni che vanno in altro senso». Il conduttore televisivo conosce bene i pericoli del contagio da coronavirus, essendone stato colpito nel marzo del 2020: «È un problema serio, lo posso dire con la massima serenità. Non è che ti contagi se scali a petto nudo l’Himalaya, basta prendere il tram: mia mamma stava benissimo e in cinque giorni è morta. Chi minimizza sbaglia e la vita deve essere la priorità: prima la salute, poi canta che ti passa».
Chiambretti osserva e propone: «Questa cosa incrocia Sanremo come ha incrociato il resto. Si può saltare un’edizione, si è detto, ma è come abdicare, un’occasione mancata: facendo di necessità virtù si può invece riempire il vuoto pneumatico di un teatro con le idee». E con il pensiero «non ai 400 che non sono lì» in sala, figuranti oppure no, «ma ai dieci milioni che guardano da casa». Ad esempio ««speciali altrimenti impensabili. E idee. Su due piedi proporrei un unico spettatore in una sala, magari Franceschini», ovvero il ministro della Cultura italiano.