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CANTONEUn'Alice curiosa e un finale da riscrivere

25.04.24 - 06:30
Venerdì Julie Meletta pubblicherà "Fan Fiction". Prima, giovedì sera, ci sarà il concerto di chiusura della residenza musicale del Foce
MIA GIANINI
Julie Meletta
Julie Meletta
Un'Alice curiosa e un finale da riscrivere
Venerdì Julie Meletta pubblicherà "Fan Fiction". Prima, giovedì sera, ci sarà il concerto di chiusura della residenza musicale del Foce

LUGANO - Immaginiamo che qualcuno ci dica «Ti offro il mio cuore» e che non sia un semplice modo di dire: ecco dinanzi a noi l'organo sanguinolento, magari ancora pulsante. Un'eventualità estrema ma non impossibile, sicuramente non in "Fan Fiction", il nuovo singolo di Julie Meletta che sarà pubblicato venerdì 26 aprile.

L'artista ticinese, in rampa di lancio verso palcoscenici sempre più importanti, introduce il pubblico in un mondo nevrotico e ossessivo come quello degli amori impossibili. Ma lo fa con la grazia e lo charme del pop francese di alcuni decenni fa. Il videoclip, se possibile, amplifica queste sensazioni contrastanti, introducendo elementi che risultano a tratti surreali, ad altri macabri.

Julie, perché questo titolo?
«Le fan fiction sono delle opere che si sviluppano a partire da personaggi che sono già stati scritti da qualcuno. Se vuoi continuare la narrazione, oppure un finale diverso, riscrivi la storia con gli stessi protagonisti e t'inventi uno svolgimento differente. Questo mi ha fatto pensare a un amore impossibile: continui a sperare che le cose vadano in un modo diverso, che si possa tornare indietro nel tempo... Ma è solo nella tua testa che questa cosa può continuare: è così che la storia, che non può andare avanti, prosegue su un binario parallelo, come quello di una fan fiction. La canzone esprime quindi l'ossessione che deriva dal non voler mettersi il cuore in pace, dal non avere un approccio sano a una relazione».

Su cosa hai voluto insistere nel videoclip? Il pubblico vedrà, ad esempio, un grosso e inquietante coniglio...
«Volevamo qualcosa di onirico e quindi, pensando a un mondo di finzione, siamo andati a prendere un classico come "Alice nel Paese delle Meraviglie". Ci sono richiami a quell'opera: il badminton, la tavolata, gli scacchi... Il coniglione non è altro che il Bianconiglio. Ma lo volevo un po' inquietante e nel montaggio del video lo avrei voluto ovunque. Poi mi hanno detto che anche io sarei dovuta apparire qua e là (ride, ndr)».

Cosa c'è, in quell'universo letterario, di affine a quello che vuoi raccontare?
«Mi piace Alice. È un personaggio un po' strambo ed è una delle poche opere riprese da Disney che non ha un cavaliere che risolve la vicenda, salvando la protagonista. Alice è l'emblema della curiosità ed è proprio la curiosità che la spinge ad avventurarsi in un mondo diverso e pazzo. La follia, qui, è un punto di forza. E sarà la sua stessa curiosità a "salvarla" e a riportarla nel mondo reale. Mi piace particolarmente il fatto che questa follia resterà con lei anche al termine dell'avventura».

"Amarcoeur", il tuo Ep che uscirà in autunno, parlerà di questo e di altri amori impossibili?
«Di solito detesto le canzoni d'amore. Ne ho scritte pochissime, non mi è mai piaciuto parlare di cose troppo mielose. È un blocco o c'è un po' di snobismo? Non lo so, ma per questo progetto mi sono detta: "Affrontiamo questo argomento, non l'ho mai fatto davvero". Ma subito, pensando a un Ep di canzoni d'amore, ho alzato gli occhi al cielo (ride, ndr)».

Come hai risolto?
«Proviamo a parlare d'amore in mondo più grintoso, splatter se vogliamo. L'amore impossibile è un grande classico, ma lo si può affrontare in molti modi. "Amarcoeur" sarà quindi un'antologia di amori tristi, andati male. Non sono per forza io la protagonista, spesso racconterò storie di altri».

L'ispirazione di "Fan Fiction" è vintage, ma il risultato è fresco, contemporaneo. Ci vuoi svelare la tua "ricetta" sonora?
«Mi piace la musica che va dritta al punto. Le mie influenze sono legate a ciò che sentiva da piccola, ovvero la musica francese anni Settanta che ascoltava mia madre. Volevo che il ritornello ricordasse Plastic Bertrand, con quell'incidente molto deciso, quasi martellante - e anche un po' punk. Rispecchia molto l'ossessione di cui parla il brano: quando si ha una cosa in testa e si cerca di raggiungere l'obiettivo a ogni costo».

È stata l'unica influenza musicale?
«A me piace tutto il mondo black e R&B. Mi piacerebbe fare qualcosa di questo genere, ma non vado oltre lo scimmiottamento. Canto Alicia Keys sotto la doccia, ma non riesco a essere credibile (ride ancora, ndr). A parte questo, ho voluto inserire il parlato su ispirazione delle Shangri-Las, sopra un basso un po' riverberato e incalzante. È stato un po' un azzardo, forse, potrebbe non essere così immediato. Vedremo cosa ne penserà il pubblico».

La ricerca artistica è indissolubilmente legata alla Francia, per non parlare della tua estetica. C'è un personaggio del pop francese "classico" che ti affascina particolarmente?
«Sicuramente Jane Birkin. Lei è inarrivabile. Per la sua eleganza e un certo atteggiamento giocoso, che è lo stesso che amo in Brigitte Bardot - che ha un modo di essere scanzonato e anche un po' goffo. C'è anche molto della musica contemporanea francese che mi piace e a cui attingo. Un nome? Johnny Jane».

Questa sera alle 21 è in programma il concerto finale della residenza musicale allo Studio Foce: che esperienza è stata?
«È la prima residenza che ho fatto e mi piace tantissimo l'idea di chiudersi in un posto e lavorare su tutti gli aspetti dello spettacolo. Non sembra, ma sono tanti: non si tratta solo di imparare i pezzi e le parti strumentali, c'è anche la parte tecnica del suono, come va strutturato lo show, come muoversi, dove inserire gli interventi, le luci... C'è anche tutta una parte estetica da non sottovalutare. Servirebbero altri dieci giorni per curare tutto al massimo, questi cinque sono passati troppo in fretta».

Su cosa vi siete concentrati, tu e i tuoi collaboratori (Aris Bassetti, Enea Ponzio e Luca Rullo)?
«Sul lato sonoro. Aris ci ha aiutato anche sulla performance. Per esempio il nostro batterista, Loric Mathez, è arrivato dalla Svizzera romanda con la sua bella batteria, che pareva un castello. Aris gliel'ha smontata quasi tutta, dicendogli che era un peccato che fosse nascosto dallo strumento. Gli ha detto: "Togli tutto, vogliamo vederti che picchi sulla batteria"».

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