Il SeAM, creato appositamente dal DECS, ha invece ricevuto 118 segnalazioni di sospetti maltrattamenti.
BELLINZONA - Due bambini morti a causa di violenza fisica. E 2’097 casi di maltrattamenti, con un +11% rispetto al 2022. Sono numeri che fanno venire i brividi quelli registrati nel 2023, nel nostro Paese, dall'Organizzazione professionale dei pediatri svizzeri. E anche in Ticino maltrattamenti e abusi su minori sono più diffusi di quanto non si pensi.
Lo scorso anno l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) ha infatti registrato un totale di 29 casi di maltrattamenti, di cui 18 sono stati categorizzati come “certi”.
Dietro questi numeri si celano abusi fisici, psicologici e sessuali, ma anche trascuratezza. Spesso si riscontra più di un tipo di maltrattamento, ci dice il dottor Pierluigi Brazzola, viceprimario dell’Istituto Pediatrico della Svizzera Italiana. E il picco, per quanto concerne l’ultimo decennio, è stato toccato nel 2019, quando i casi rilevati erano stati 59, di cui 31 certi.
Un anno scolastico, 118 segnalazioni - Ma anche tra i banchi di scuola emergono situazioni che vanno affrontate. E non poche. Nel corso dell’anno scolastico 2022/2023 sono state ben 118 le segnalazioni ricevute dal Servizio di consulenza in ambito scolastico per situazioni di possibili maltrattamenti o abusi sessuali su minori (SeAM) del DECS.
Timori in famiglia - Da cosa nasce, dunque, un sospetto di maltrattamenti? «Le situazioni con le quali siamo confrontati possono essere molto diverse. Un caso che si può presentare è quello in cui i genitori sono separati e il padre o la madre arriva in ospedale dicendo che il figlio presenta dei segni che non aveva prima di stare qualche giorno con l’altro genitore. Ci viene quindi richiesta una valutazione», spiega Brazzola.
Se qualcosa non torna.. - In altri casi, definiti «più rari», «il sospetto può sorgere durante la visita medica. Questo può accadere quando il bambino arriva più volte in pronto soccorso con problemi che presi da soli sembrano banali, ma le spiegazioni relative a come si sarebbero verificati i vari incidenti risultano un po’ strane. Quando la storia raccontata non coincide con quello che viene rilevato a livello medico dobbiamo pensare a un possibile maltrattamento. Nel dubbio procediamo con degli approfondimenti e il tutto può essere chiarito, ma è importante in queste situazioni drizzare le antenne».
Segnali allarmanti possono emergere però anche per vie traverse: «Se le informazioni ricevute fanno sorgere un sospetto o la visita clinica lo rende necessario, possiamo procedere con delle analisi del sangue o delle urine. Questo permette di scoprire se il bambino è entrato in contatto con sostanze illegali, il che è ovviamente un segnale importante sull'adeguatezza dell'accudimento», riferisce il medico.
Anche gli abusi fisici tra minori vengono categorizzati come maltrattamenti, specifica comunque Brazzola: «Abbiamo l’impressione, in base alle visite effettuate in pronto soccorso, che gli episodi di aggressione fra coetanei siano in aumento».
Procedure e ostacoli - Per quanto riguarda invece le segnalazioni alle autorità penali, negli ultimi anni il lavoro dei sanitari sarebbe diventato più complesso. «Da quando nel 2021 il Tribunale federale ha accolto il ricorso contro la modifica dell’articolo 68 della la Legge sanitaria ci troviamo un po’ in difficoltà», afferma il pediatra. «Prima gli operatori sanitari dovevano segnalare ogni atto punibile alle autorità penali: qualsiasi aggressione su minore veniva dunque sistematicamente segnalata. Oggi quest’obbligo permane solo in caso di decesso della vittima. Questo significa che se io ritengo necessario notificare il caso alle autorità penali, ma il minore è in vita, devo chiedere il permesso ai genitori. È chiaro però che questa procedura, quando il sospetto è che siano stati proprio loro a maltrattare il bambino, può rappresentare un ostacolo». L’alternativa è la segnalazione all’ARP «che però non sempre ha modo di intervenire tempestivamente».
Per Brazzola è comunque importante sottolineare che, almeno per quanto concerne l’ambito familiare, «nella maggior parte dei casi si cade nel maltrattamento in maniera involontaria. Il genitore si può trovare in una situazione di difficoltà e disagio e, non trovando modalità più adeguate, perde il controllo».
Dal canto suo Paola Iametti, psicologa e referente del SeAM, afferma che gran parte dei casi che vengono loro segnalati dalle scuole riguardano situazioni di trascuratezza, soprattutto affettiva, e di violenza psicologica. Segue il maltrattamento fisico, mentre una minoranza dei casi riguarda l’abuso sessuale.
I campanelli d'allarme - Le casistiche trattate sono variegate, perciò ci viene fornito qualche esempio: «La scuola da tempo osserva un disagio dovuto a un’inadeguatezza delle cure genitoriali e cerca di instaurare un dialogo con la famiglia al fine di attivare delle risorse; un allievo confida ad un docente che a casa viene picchiato da uno o entrambi i genitori o da altri familiari; un allievo presenta comportamenti sessualizzati che fanno pensare a un’esposizione o a un coinvolgimento in atti sessuali inappropriati per l’età; confidenze confuse, parziali oppure chiare da parte di un allievo riguardo a molestie o abuso sessuale».
La "zona grigia" - L’iter seguito dalla scuola in queste circostanze varia in base agli elementi in possesso della stessa, spiega Iametti: «Quando la scuola ritiene di avere sufficienti elementi per ipotizzare la presenza di un reato penale (ad esempio segni sul corpo, rivelazione di abuso sessuale) segnala il caso direttamente alla polizia. Se invece si trova a dover valutare e gestire un caso che si trova nella cosiddetta "zona grigia" può richiedere una consulenza al nostro Servizio. Quest’ultima è volta ad analizzare e valutare attentamente il caso specifico».
Il SeAM fornisce infine delle indicazioni su come procedere, che possono andare dal monitoraggio con osservazioni più mirate, all’incontro con la famiglia, fino alla segnalazione all’ARP o, se il caso sembra di rilevanza penale, alla segnalazione alla polizia.