Il leggendario Ian Gillan ha parlato a Tio/20 Minuti del nuovo album della band, in uscita oggi
La scelta di fare delle cover è stata spinta dall'isolamento legato alla pandemia: «All'inizio eravamo scettici»
LUGANO - Dopo cinque decenni di dischi quasi interamente originali, i Deep Purple si sono macchiati di un crimine molto grave per gli amanti del rock: fare un album di sole cover.
Il nuovo album “Turning to Crime” consiste infatti solamente di canzoni scritte da altri artisti. Brani di musicisti come ad esempio Bob Dylan, Led Zeppelin, Fleetwood Mac e molti altri sono quindi riproposti dal leggendario gruppo, tra i pionieri dell’hard rock.
Si sentono in colpa? «Affatto», ci ha raccontato a Tio/20 Minuti la voce leggendaria della band, Ian Gillan.
Come mai questa decisione, di fare un cover album?
«Siamo stati fermi per un anno e mezzo e penso che tutti si stavano godendo la vacanza e la pausa. Pian piano però, volendo fare qualcosa e non potendo trovarci dal vivo, il produttore ci ha proposto quest'idea. Per noi è infatti impossibile scrivere canzoni senza essere nella stessa stanza, tutta la nostra musica arriva dalle jam sessions, è cosi che scriviamo. Quindi all'inizio non eravamo entusiasti, seppur avessimo fatto qualche cover non eravamo convinti, io ho detto persino che un disco del genere potrebbe essere visto come un crimine. Ian Paice a quel punto ha proposto di fare un tentativo: preparare e provare un paio di canzoni. I test sono andati alla grande, mi ricordo che ho pensato: "Wow, l'energia è incredibile!"».
Come avete scelto le canzoni?
«Tutti noi abbiamo proposto circa 10 idee, e pian piano la selezione si è ridotta sulla base di quanto le canzoni potessero essere "purplizzate". È interessante notare che nessuna delle mie canzoni è stata scelta, ma questa potrebbe essere stata una buona cosa (ride, ndr). Comunque sono dell'idea che non puoi mai migliorare una canzone originale, quindi devi trattarla con rispetto, non puoi cambiare le parole o la melodia, ma solo giocare con il suono della voce e con gli arrangiamenti, e quello che questi ragazzi hanno fatto è incredibile, è pura musica "Deep Purple", quindi sono molto orgoglioso di averne fatto parte».
Musicalmente, quindi, ascoltate di tutto?
«Assolutamente, una delle cose chiave per noi è la diversità che abbiamo portato alla band, già negli anni '68, '69 e '70 con il soul, il funk, il blues, il jazz ecc, portati da Jon Lord, da Richie, da Ian, da me, da Steve e da Don, più tardi. C'è una musicalità incredibile, e questi ragazzi sanno suonare, sono ottimi musicisti. D'altronde già nel nostro secondo album abbiamo fatto canzoni diverse, dal pop, allo swing, al rhythm and blues, al rock'n'roll, per noi è naturale. Se ascolti i Deep Purple che si esercitano in una jam session puoi sentire un'intera gamma di espressioni musicali, è qualcosa che ci viene naturale. L'umorismo è comunque probabilmente l'ingrediente più importante della nostra musica».
Come ti senti, fisicamente e mentalmente?
«Mi alzo ancora la mattina con voglia di vivere, e affronto una giornata alla volta. Chiaramente non posso fare alcune cose che facevo prima, come correre o giocare a football, ma in generale sono in buona forma e la mia voce funziona bene, che è la cosa più importante. Recentemente ci siamo riuniti per una piccola jam in Germania, per delle riprese per uno dei videoclip, e wow! Tutti sono in gran forma, questa pausa può averci dato un'energia extra. Tutto è funzionato alla grande, d'altronde tutti si esercitano ancora, 6 ore al giorno, e questo è quello che si deve fare per mantenere il proprio livello come musicisti. Personalmente non sento la mia età, la mia mente lavora e il corpo la segue».
Che pena vi aspettate di ricevere per questo crimine?
«Eheh penso che non abbiamo nulla da temere, siamo stati puniti abbastanza durante le nostre vite (ride, ndr)... non so, mi viene in mente solo qualche bella punizione (ride nuovamente, ndr). Comunque il peggio che potremmo subire è che la gente non capisca perché non siamo riusciti a riunirci per scrivere e fare qualcosa, e il perché abbiamo pubblicato quest'album».
Per te è stato duro il periodo pandemico?
«Non direi, neanche un po'. Non so in Svizzera ma in Inghilterra quando è arrivata la pandemia tutti si sono messi a bere, si sono ubriacati (ride, ndr). Comunque per me non è stato affatto un problema, ho avuto tutto il tempo di finire di scrivere il mio libro e completare altri progetti».
Cosa ricordi di più della registrazione di "Machine head", qui in Svizzera, con l'incendio al Casinò e tutto il resto?
«Beh, è una delle tante emergenze che abbiamo visto nella nostra carriera. Abbiamo vissuto terremoti, cicloni, tifoni, scioperi, guerre, e solo Dio sta cosa. È una di quelle situazioni in cui tutto quello che succedeva creava ancora più volontà di far funzionare le cose. Dopo l'incendio al Casinò non avevamo un posto dove registrare, e avevamo solo pochi giorni per scrivere e registrare, è stato pazzesco. Eravamo nell'hotel che era chiuso per l'inverno, ma stavamo facendo troppo rumore per i residenti e la polizia era lì che cercava di farci smettere, poi non potevamo sentire il playback perché il furgone che abbiamo preso per registrare era troppo lontano. Ci siamo dovuti adattare, ma i musicisti sono persone molto resistenti, e nelle difficoltà si uniscono: la cosa divertente è che non pensi a queste cose quando sei effettivamente la persona che le fa. "Sì, ok, continuiamo a suonare musica", pensiamo solo a quello, anche con un inferno che distrugge tutto intorno a noi».
Cosa ti manca di più delle performance live?
«La sfida, credo. Ogni spettacolo dal vivo è qualcosa che ti porta al limite. Puoi fare tutte le prove che vuoi, puoi esercitarti, imparare le tue canzoni, essere bravo nel rapporto con il pubblico, ma niente ti può preparare a quello che succede durante le improvvisazioni o le jam, quando siamo totalmente dipendenti l'uno dall'altro, e supportiamo ad esempio qualcuno che si presenta con un'idea improvvisa, e tutti devono seguirla. La cosa che mi manca di più è quindi la sfida, è l'adrenalina che scorre prima dello spettacolo, è un pubblico diverso, un'acustica diversa, un viaggio diverso ogni volta. Il pubblico poi non pensa a quello che succede prima e dopo i live, ma noi stiamo già lavorando, è tutto parte dell'intero processo, della grande emozionante macchina del tour».
Qual è ora il vostro programma?
«Stiamo ripianificando tutti gli show che abbiamo dovuto rinviare a causa del Covid, tra America, Medio Oriente, Russia ed Europa, per la prossima estate e autunno».